Relazione e foto di Jacopo Verardo.
Introduzione
Fin da piccolo, come per molte altre cime, come il Ciol di Sass e il Chiarescons, anche le Caserine ricadono tra quelle montagne misteriose che osservo con stupore da Casera Pramaggiore. Trattasi dell’elevazione più alta solo dopo il Cornaget all’interno dell’omonimo gruppo montuoso, il quale rappresenta il ramo più orientale delle Dolomiti Friulane. Luoghi selvaggi, misteriosi e poco frequentati, che ben si addicono a dei salvadis come noi. Un poco alla volta stiamo frequentando sempre più le elevazioni qui presenti, dopo Ciol de Sass, Cima di Bortolusc, Monte Frascola, Monte Chiarescons, Monte Cornaget, Monte Dosaip, Vette e Cengle Fornezze, decidiamo che è ora di compiere questa attraversata, pensata e realizzata (probabilmente) per la prima volta dall’amico Gongo. Si sviluppa su percorsi alpinistici aperti nello scorso secolo da svariati personaggi, tra cui più di tutti spicca il grande Sergio Fradeloni, che per primo cavalcò la cresta tra le due Caserine nel 1971.
Relazione
Dei salvadis siamo solamente Claudio ed io, ma ci diamo appuntamento sulle Caserine Alte con Leonardo, Ugo e Lucia. Agosto è periodo di feste e sagre paesane, così ci dirigiamo a Claut la sera prima per festeggiare in compagnia alla splendida festa dei Lory days. Dopo aver gozzovigliato per qualche ora, ci trasferiamo in Pian di Cea (accesso stradale dalla frazione di Lesis), dove piantiamo la tendina. Partiamo presto, alle 6, e come già ci era capitato salendo d’inverno al Dosaip, ammiriamo l’alba nel bel mezzo delle larghe e infinitamente lunghe Grave de Giere. In un’oretta arriviamo in Casera Podestine, e in altri 45 min saliamo alla Casera Caserata 1479m. Dopo una breve pausa ci dirigiamo sempre lungo il sentiero che scende nel Canal Piccolo del Meduna, alla Forcella di Caserata. Qui incontriamo il sole, ma la temperatura resta frizzantina. Si sta magnificamente! La giornata poi si presenta meravigliosa. Lasciamo il sentiero e prendiamo di petto il crinale boscoso in direzione Nord, incontrando ben presto una larga traccia che sale a tornanti e che è ben tagliata nella vegetazione. L’occhio attento può anche ritrovare qualche vecchissimo bollo rosso sugli alberi. Guadagnati 100 metri di dislivello, dove la pendenza aumenta e si esce dal bosco, la traccia taglia meno evidente in direzione Nord-Est per entrare in una mugheta alla base delle pareti delle Caserine Basse. Il panorama si apre splendidamente sul Canal Piccolo del Meduna e sul versante settentrionale del largo Dosaip.
Proseguendo lungo l’evidente traccia non si può sbagliare, dopo 10 min si giunge ad un canale sassoso-mugoso, alla cui base su un masso si trova una scritta sbiadita che indica “Caserine Basse” invitando a risalire il canalone. Da qui dei piccoli e intelligenti bolli rossi ci guideranno in tutta l’attraversata. Si sale per alcuni metri questa sorta di anti-canale, per poi traversare a sinistra ed entrare nel canalone vero e proprio.
L’ambiente si fa suggestivo, a tratti tetro, ma estremamente affascinante. Una splendida fioritura di Raponzolo di roccia ci accompagna nella facile arrampicata al centro del canale, in cui con divertente ginnastica si supera qualche masso e qualche liscio colatoio (vari, brevi, facili e non esposti II gradi), come è normale in qualsiasi canalone! A metà circa l’arrampicata si sposta sul versante sinistro del canale, poiché un’enorme ostruzione strapiombante impedisce la progressione nel fondo. Ora la roccia è più friabile, ma sempre divertente da risalire.
Tra di noi chiacchieriamo di alpinismo, di quelli che hanno reso epica questa passione; chissà che non sia proprio questo ambiente da scoprire che ci ispira? Del resto, al di là del grado, dei tecnicismi, dell’estremo, forse è proprio il desiderio dell’esplorazione fisica e interiore che accomuna questo modo di andar per monti con quello dei grandissimi alpinisti del Novecento!
L’ambiente man mano si fa sempre più grandioso e la salita è molto gradevole. Il grande canalone che stiamo risalendo è stato percorso per la prima volta da Del Tin e Toffolutti, che con ottima intuizione hanno trovato un modo molto più semplice e facile di salire a questo monte rispetto alle vie proposte nel Berti. Ad ogni modo, giunti su una bella zona di ripidi prati misti a rocce, il canale si esaurisce, e la via esce drasticamente a sinistra (Ovest), giungendo su un forcellino mugoso con vista sulle Grave de Giere: un bel punto panoramico! Da qui la progressione diviene meno logica e a volte delicata per il terreno e la roccia molto friabili, ma sempre ben segnalata da bolli sbiaditi.
Basti sapere che si prosegue più o meno in quota, compiendo brevi su e giù, su terreno ghiaioso con qualche passo di I e II grado, a volte di roccia anche buona, fino a giungere in un altro più breve canale che va risalito con la medesima arrampicata, fino alla sua testata. Qui ci si trova in una grande bancata ghiaiosa sotto le pareti terminali delle Caserine Basse. Si attraversa sempre verso Ovest, ammaliati da un panorama decisamente interessante. Dopo una lunga attraversata si volta uno spigolo, e dove la parete soprastante si fa facilmente arrampicabile, si deve iniziare a risalirla su sfasciumi e roccette. In questo punto i bolli non sono molto evidenti, si tenga come riferimento un bellissimo passaggio su un pulpito con roccia strapiombante sotto cui c’è un abbozzo di ometto. Poco prima di questo passaggio, si deve risalire appunto decisamente a destra. E per facile cresta rotta si arriva splendidamente sulla cima delle Caserine Basse, che si svela cupoliforme man mano che ci si sale! Panorama spettacolare, cima di gran soddisfazione! 3 ore da Casera Caserata.
L’ometto di vetta è un po’ diroccato, ci sono resti di una vecchia croce di legno. Non essendoci il libretto di vetta, ne lasciamo uno in un barattolino con una matita. Qualche istante dopo il nostro arrivo vediamo sbucare sulle Alte i nostri amici, così ci affrettiamo a percorrere la cresta.
Si scende qualche metro lungo la lunare cresta verso Nord fino ad un forcellino, qui ricompaiono i bolli. Ora è difficile essere precisi nella descrizione; la cresta è estremamente varia e va esplorata con il gusto della ricerca, nonostante i bolli sbiaditi guidino quasi sempre nell’orientamento. Dopo aver risalito un dosso ci si cala ad una stretta forcella, da qui si aggira un avancorpo di cresta in versante est, su terreno delicato e a tratti esposto. Si risale poi per un breve colatoio caratterizzato da un masso incastrato (II grado, friabile). Si giunge ad un ulteriore risalto dal quale si prosegue per breve cresta rotta, fino a giungere al punto più delicato dell’intera traversata: da un intaglio di cresta si deve scendere in versante Ovest una ripida rampa di II grado (30 metri), piuttosto friabile e con notevole esposizione. Il suo inizio è abbastanza largo, ma verso la fine diventa molto stretta e l’esposizione aumenta. Ad ogni modo finita la rampa, si attraversa per tre metri esposti di roccia molto buona (II grado) e si giunge ad un circo detritico. Da qui si traversa ancora un poco in versante Ovest, per poi risalire definitivamente verso le Caserine Alte, superando roccette e detriti (I grado), fino a giungere sulla larga cresta sommitale! Esaltanti gli ultimi metri che conducono in cima, regalano un panorama strepitoso su una cresta bellissima! Qui incontriamo i nostri amici e facciamo mezz’oretta di pausa meritata. La giornata è sublime e il panorama è forse il più bello del gruppo Caserine – Cornaget. La cresta è durata 1 ora e 20 min di puro divertimento.
Scattate le numerose foto di vetta, scendiamo lungo la Via Normale, aperta nel lontano 1908 dal pioniere Lothar Patèra e dalla guida clautana Giordani, detto “Begareli”. Si scende per traccia su sfasciumi ben pestata, poi ci si cala per roccette di I grado, con un breve passaggio di I grado superiore. Comunque assolutamente non di II grado come qualcuno sostiene… Segue poi una esposta ma facile crestina e ci si cala definitivamente alla splendida Forcella del Pedole 1943m attraverso dei ripidi e verdissimi prati. Da qui per traccia ben marcata si scende al magnifico Cadin di Senons, nel quale si rinviene prima l’ex CAI 393 che scende dalla Forcella del Cuel (che verrà molto probabilmente risegnato CAI fino in Forc. del Pedole), poi l’attuale e inutile anellino CAI 393 che, ugualmente sia a destra che a sinistra, porta alla Casera Senons. Breve pausa tra le poche vacche rimaste al pascolo e poi giù in Pussa per la fastidiosa strada cementata. Due birre fresche nascoste nel torrente placano la prima sete, le restanti righe di birre ai Lory days a Claut rendono ancor di più soddisfatto l’animo!
Note conclusive
Un’attraversata che merita di essere percorsa, dalle difficoltà ridotte e dallo spettacolo assicurato! L’ambiente risulta integro e come spesso sottolineo, è perfetto per gli amanti del selvatico. L’intera traversata è segnalata molto intelligentemente con piccoli e discreti bolli rossi, che a quanto pare sono stati fatti anni fa dalla forestale…nulla a che vedere con le scellerate bollinature dell’editore maniaghese! Le difficoltà di orientamento così sono pressoché annullate per chi ha buon occhio nel rintracciare bolli e ometti di sassi. Invece le difficoltà tecniche sono di II grado, spesso friabile e solo in un tratto (rampa in cresta di 30 metri) abbastanza esposto. Per fare l’attraversata è necessario predisporre un’altra auto in Pussa, oppure programmare un rientro a piedi, umanamente fattibile in due giorni. Ci sarebbe il modo di rientrare in giornata passando per Forcella di San Francesco e scendendo il Ciol di San Francesco; tuttavia trattasi di percorso alpinistico e dall’orientamento molto difficile. Solo chi sa, va.
Dislivello di 1550m circa, ore 9 da Pian di Cea alla Pussa, soste incluse. Cime adatte sicuramente ad esperti!
7 agosto 2016.
Bibliografia
Sergio Fradeloni, Tullio Trevisan, Montagne nel silenzio (Monografia Caserine – Cornaget).
A. e C. Berti, Dolomiti Orientali vol. 2.
Giorgio Madinelli, Alta Valle del Meduna.