Cima Ciol de Sass 2072m – Traversata da C.ra Settefontane alle Stalle Gobbo

Cima Ciol de Sass. Inconfondibili le placconate sulle quali sale la via normale.
Cima Ciol de Sass. Inconfondibili le placconate sulle quali sale la via normale.

Relazione e foto di Jacopo Verardo.

Premessa

Questa cima da anni stuzzicava la mia fantasia grazie a quelle bianche placconate che caratterizzano il suo versante nord e che impressionano oltremodo alla vista soprattutto dal gruppo del Pramaggiore. Abituato ad osservarla per decine e decine di volte dalla sorgente vicino a Casera Pramaggiore mi son sempre chiesto quali difficoltà opponesse. Così nel meraviglioso ottobre del 2014, il Pola ed io, visto anche il meteo estremamente favorevole, decidiamo di andare a verificare di persona. Con noi vengono anche Leonardo, padre del Pola, che non disdegna mai queste belle ravanate, e Ugo, alpinista di lunga data del CAI di San Vito, a cui in questa valle manca solo proprio il Ciol de Sass. Siamo in possesso di un paio di relazioni almeno trentennali (Dolomiti Orientali di Berti e Dolomiti di Sinistra Piave di Fradeloni, scritte entrambe comunque dallo stesso Fradeloni nella Monografia Caserine-Cornaget per Le Alpi Venete nel 1972, chiamata Montagne nel silenzio) e della più recente relazione di Giorgio (La tana dell’orso), che però è salito dalla Val Piovin. Quindi, volendo fare l’attraversata completa salendo dalla Val Ciol de Sass e scendendo dalla Val Piovin, decidiamo di salire dal lato di cui abbiamo informazioni meno recenti…si sa che le difficoltà vanno affrontate in salita!

Relazione

Partiamo di buon’ora dal parcheggio lungo la strada della Val Settimana (Claut), posto poco sotto la C.ra Settefontane, che in breve raggiungiamo e superiamo. Qui inizia l’ormai ex-sentiero CAI 391, di cui nei primi metri sono stati cancellati i segnavia. Così noi saliamo lungo una traccia ripida alle spalle della casera che, abbastanza marcata, porta a salire molto rapidamente verso la Costa dei Madras. In berve capiamo di aver sbagliato, quindi ci caliamo nel fondo della Val Ciol de Sass tramite un facile canale erboso. Probabilmente dietro la casera sarebbe bastato entrare subito nel fondo del torrente e risalirlo. Ad ogni modo rinveniamo subito uno sbiadito segnavia rosso-bianco sulla sinistra orografica del Ciol. L’ex-sentiero si presenta sempre ben evidente e abbastanza pulito dalla vegetazione e corre sempre nella medesima sponda. La forra è veramente affascinante, selvaggia e, a tratti, stretta e incavata, degna di essere in Val Settimana! Si passa a fianco di cascatelle e marmitte, e si supera anche qualche masso in facilissima e divertente arrampicata. A quota 1400m la valle si allarga improvvisamente regalando i primi scorci a destra sulle pareti gialle dello Spiz di Val Piovin e sulle placconate del Ciol de Sass, e a sinistra sul Cornaget e sulle Cime di Prendera. A questo punto “la ricreazione è finita” e bisogna drizzare le antenne per non sbagliare strada. Fradeloni scrive: “sopra un dosso con larici a destra si vedono i piloni di una vecchia teleferica di legname. Raggiuntili (ripiano con resti di una baracca di boscaioli) si sale…”. Dopo più di 25 anni però la vegetazione ha invaso quasi tutto e quindi tra i vari dossi presenti non riusciamo a scorgere nessuna base di teleferica; così proseguiamo fino a quota 1500m, poco sotto il poggio dei resti della C.ra Ciol de Sass. Qui, solo grazie ad un’attenta analisi della carta ed al prezioso altimetro, decidiamo di abbondonare l’ex sentiero CAI e di perdere quota verso Ovest, ritrovando con grande gioia i resti sia della teleferica che della baracca. Da qui il percorso è tutt’altro che logico e necessita di una fiducia totale nelle relazioni precedentemente citate. “Si imbocca un sentierino che scavalca un crestone roccioso coperto di mughi […] e si giunge in un vallone dominato a destra dalle pareti verticali gialle dello Spiz di Val Piovin”. Qualche vecchio taglio sui mughi guida nell’orientamento che tuttavia non è assolutamente scontato. Entrati nel vallone lo risaliamo molto faticosamente senza percorso obbligato, incontrando sporadici ometti. Dopo aver fiancheggiato un caratteristico landre, che ribattezzeremo Landre dal Salvan visto il pessimo incontro al suo interno con un losco esemplare di Pola selvatico, ci addentriamo in una selva di mughi: “il sentiero attraversa il vallone e risale ad una forcelletta oltre la quale discende in Val Piovin”. La forcelletta di mughi costringe ad un passo del gatto che, oserei dire, è più faticoso e caratteristico del più celebre passo sulla Cengia di Ball al Pelmo. Dopo aver letteralmente strisciato sotto a mughi secolari ci ritroviamo in versante Piovin; svoltiamo a sinistra (sud) e risaliamo le celebri placconate ripide ma mai difficili, prima coperte di mughi, poi di erba ed infine di grossolani detriti, fino a giungere in vetta (3.50 ore). Qui il panorama è meraviglioso (si vede perfino il Grossglockner!) e del tutto inusuale con degli scorci mozzafiato soprattutto su Duranno e Cima dei Preti! La sosta è meritata e ci godiamo un caldo sole ottobrino. Firmato il (nuovo) libretto di vetta (2 visitatori nel 2012, zero nel 2013, ben 10 compresi noi nel 2014), ripartiamo a malincuore. Scese le placconate, ritorniamo alla forcelletta di mughi, rinvenendo anche un paio di vecchie fettucce di cotone blu lasciate per indicare la via (probabilmente da un nostro amico) anni fa. Da qui scendiamo veloci in Val Piovin (ovest), prima scivolando su un ghiaione evidente, poi entrando nuovamente negli amati mughi, verso sinistra, i quali ci depositano nel centro della Val Piovin (tre grossi ometti). Questa parte alta della valle è a mio modo di vedere stupenda: selvaggia e isolata, dimenticata dall’uomo, che un tempo tanto ha usufruito di queste vallate recondite facendo pascolare il bestiame e tagliando migliaia di quintali di mughi per ricavarne pascoli e mugolio. Le cicatrici di queste attività sono ben evidenti nelle ceppaie di mughi tagliati e nei resti lasciati dall’attività di pascolo, come le pietre restanti della Casera Val Piovin. Giungiamo ad essa prima percorrendo il centro della valle, fino a giungere a El Pieron (antico ricovero nel quale è ben evidente il muretto contenitivo e un paio di “spine” in legno piantate nella roccia per raccogliere l’acqua piovana), dal quale deviamo verso destra andando a raggiungere appunto il poggio di betulle e larici dove riposano i resti della casera. Da qui scendiamo senza traccia a sinistra rientrando nel tortuoso Ciol e rinvenendo nei pressi di un grosso masso una provvidenziale fettuccia bianca che ci indica di attraversare il torrente e addentrarci, ora in sinistra orografica, in una densa faggeta, nella quale la traccia scompare. Rinveniamo anche qui tre piloni dell’arrivo di una vecchia teleferica (con accanto ancora qualche latta di olio lubrificante); seguendo qualche specchiatura sui faggi, ma soprattutto puntando decisamente a sinistra, in modo da evitare di trovarsi sui precipizi del Ciol, poco alla volta si ritrova la labile traccia qui più evidente e con più specchiature, la quale poi si addentra nella mugheta terminale che con una serie di curve ci deposita sul greto del Settimana, dal quale verso sinistra in breve si arriva al Ponte del Gobbo, dove noi avevamo lasciato un’auto per recuperare l’altra più a monte. Quest’ultima parte del sentiero è abbastanza pulita dai mughi, tranne che nell’attacco dal Settimana, per il quale serve un buon “naso”.

Note conclusive

Una vetta estremamente interessante, sia per l’ambiente, che per il panorama. Attraversata di notevole spessore ravanatorio, sicuramente non alpinistico. Infatti le difficoltà si riscontrano esclusivamente nell’orientamento e nel notevole impegno fisico per muoversi su questi terreni. Il percorso di salita rispecchia l’it. A della guida Berti, mentre la discesa segue l’it. B della stessa. Entrambe le relazioni sono sufficienti per escursionisti esperti di questo tipo di percorsi, i quali sono privi di qualsiasi segnavia (tranne che nell’ex sentiero CAI) e con importanti difficoltà d’orientamento. Quindi lo sconsiglio a coloro i quali sono abitutati a sentieri segnalati o ai feroci utilizzatori di GPS, che qui può portare ad incasinarsi non poco.

Dislivello complessivo di 1300m; noi abbiamo impiegato circa 6.30 ore compresa l’unica sosta, in cima.

Salita del 19 ottobre 2014.

Bibliografia e sitografia

Dolomiti Orientali vol. 2, Antonio e Camillo Berti;

Dolomiti di Sinistra Piave, Sergio Fradeloni;

La tana dell’orso

Il Ravanatore

Casera Settefontane.
Casera Settefontane.
Risalendo il Ciol de Sass.
Risalendo il Ciol de Sass.
Nei pressi dei resti della teleferica; dietro la bastionata del Pramaggiore.
Nei pressi dei resti della teleferica; dietro la bastionata del Pramaggiore.
Ciò che resta della teleferica per il legname.
Ciò che resta della teleferica per il legname.
Sul "sentierino" che attraversa nei mughi.
Sul “sentierino” che attraversa nei mughi.
Il vallone alla base dello Spiz di Val Piovin.
Il vallone alla base dello Spiz di Val Piovin.
Il faticoso vallone visto dall'alto.
Il faticoso vallone visto dall’alto.
Nei pressi del Landre del Salvan sotto lo Spiz.
Nei pressi del Landre del Salvan sotto lo Spiz.
Esemplare di Pola selvatico.
Esemplare di Pola selvatico.
Cimon delle Tempie, Cornaget, Fratta del Barbin e Cime Prendera.
Cimon delle Tempie, Cornaget, Fratta del Barbin e Cime Prendera.
Subito dopo la "forcelletta di mughi" alla base dello spigolo del Spiz.
Subito dopo la “forcelletta di mughi” alla base dello spigolo del Spiz.
Cime Vacalizza, dei Vieres, Spalavier, Punta Susanna e Monte Turlon.
Cime Vacalizza, dei Vieres, Spalavier, Punta Susanna e Monte Turlon.
Sulle ripide placconate finali.
Sulle ripide placconate finali.
A sinistra Teverone e Col Nudo, in centro in primo piano le Pale de Cione, dietro addirittura le Pale di San Martino!
A sinistra Teverone e Col Nudo, in centro in primo piano le Pale de Cione, dietro si scorgono tra le varie addirittura le Pale di San Martino!
Verso Cavallo - Col Nudo. In primo piano Cima Ciolesan.
Verso Cavallo – Col Nudo. In primo piano Cima Ciolesan.
Duranno e Cima dei Preti, incastonata tra la Punta del Borsat e il Turlon.
Duranno e Cima dei Preti, incastonata tra la Punta del Borsat e il Turlon.
Da sinistra Cime Postegae, Cima Cadin e la bastionata del Pramaggiore.
Da sinistra Cime Postegae, Cima Cadin e la bastionata del Pramaggiore.
Verso il gruppone del Cornaget, a destra le Caserine.
Verso il gruppone del Cornaget, a destra le Caserine.
Autoscatto in cima!
Autoscatto in cima!
Croce e libretto di vetta.
Croce e libretto di vetta.
Panoramica dalla cima, da sinistra: Raut, catena del Resettum e Gruppo Cavallo - Col Nudo.
Panoramica dalla cima, da sinistra: Raut, catena del Resettum e Gruppo Cavallo – Col Nudo.
Panoramica dalla cima: da sinistra
Panoramica dalla cima da sinistra: Col Nudo, Dolomiti Bellunesi, nodo della Vacalizza, Cima deiPreti, Turlon, Pale Candele e Pramaggiore.
In discesa sulle ripide placconate.
In discesa sulle ripide placconate.
"Felici nella vegetazione" cit.
“Felici nella vegetazione” cit.
Nella parte alta della Val PIovin.
Nella parte alta della Val PIovin.
El Pieron, ricovero naturale a metà Val Piovin.
El Pieron, ricovero naturale a metà Val Piovin.
Monte Turlon e Pale Candele dalla Val Piovin.
Monte Turlon e Pale Candele dalla Val Piovin.

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