Vette Fornezze 2110m, Cengle Fornezze 2094m e Lastre di Peschis 1871m

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Da sinistra Vette Fornezze e Cengle Fornezze, riprese dal Ciucul dal Cuel Flurit.

Relazione e foto di Jacopo Verardo (se di altri autori specificato in didascalia).

18 e 19 giugno 2016.

Premessa

Sono cambiati i tempi da quando, ormai quasi 30 anni fa, Sergio Fradeloni pubblicava Dolomiti di sinistra Piave e Prealpi Carniche, guida storica e introvabile di escursioni e salite in questi due gruppi montuosi. Da allora è cambiata drasticamente la frequentazione della montagna, sono aumentati i semplici escursionisti, e gli alpinisti ormai prediligono salite diverse dalle classiche di un tempo. Nel mezzo tra queste due tipologie di frequentatori non c’è più nessuno, o quasi. Sì perché in realtà qualcuno c’è. Ogni raggruppamento montuoso che abbia zone misteriose, lontane da sentieri segnalati, diverse dalla “solita” montagna addomesticata e frequentata, ha i suoi pochi, pochissimi, esploratori. Tra Dolomiti Friulane e Val Tramontina da anni opera intensamente Giorgio, che assieme agli altri suoi colleghi della F.I.G.A. (Federazione Italiana Greppisti Anomali), sta compiendo una vera e propria opera esplorativa di un ambiente mai comprensibile fino a fondo e sempre pronto ad offrire nuovi suoi lati misteriosi. Essendo io innamorato di queste montagne, con grande entusiasmo da un paio d’anni accetto l’invito a partecipare ad alcune uscite di questa federazione dal nome così gustoso!

Introduzione

L’idea è quella di attraversare l’estremo ramo orientale delle Dolomiti Friulane in due giorni, cercando di cavalcare, all’andata, la lunga cresta che dalle Vette Fornezze, passando per le Cengle e per le Lastre di Peschis, giunge fino alla Casera Chiampiuz (e che poi proseguirebbe addirittura fino al Passo Rest); mentre il rientro il secondo giorno è previsto quasi tutto in versante Val Meduna, lungo cenge e passaggi di camosci, con unica possibilità di giungere in Val Settimana passando per la Forcella Nartais. Insomma una due-giorni lunga, intensa e con difficoltà tecniche non trascurabili…adeguata ai canoni della F.I.G.A.! Ma soprattutto un percorso che vuole essere anche un omaggio a Sergio Fradeloni; non certamente un’opera celebrativa, ma un ricordo per colui che forse più di tutti ha amato queste zone e vi ha dedicato impegno nella esplorazione e nella valorizzazione. A fine racconto di questa due-giorni verrà dedicata una breve descrizione del suo grande sogno di tracciare un’attraversata segnalata CAI da Casera Chiampiuz fin al Rifugio Pussa.

Il racconto di questa due-giorni sarà suddiviso in due parti.

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I partecipanti. Da sinistra, in secondo piano: Giorgio, Michele, Antonio, Tiziano, Maja. In primo piano: lo scrivente e Andrea.

Vette e Cengle Fornezze (2110m e 2094m), e Lastre di Peschis (1871m)

Partiamo dalla Val Settimana (Claut – PN), dal parcheggio del Rifugio Pussa (930m) e risaliamo la rotabile chiusa al traffico fino a Casera Senons. Da qui, nel bosco retrostante la casera, si rinviene una pista forestale malridotta che in breve porta a rintracciare la traccia diretta a Forcella Nartais, segnalata da ometti e tagli su giovani faggi. La traccia è comunque ben evidente.

Siamo in sei: Giorgio (La tana dell’orso), Andrea (flickr), Mitch (dolomitidxtagliamento), Maja (kilkr.si), Tiziano (forte greppista solitario), e il sottoscritto. Mentre facciamo conoscenza, visto che non tutti ci conosciamo, risaliamo il bel bosco di faggi, fino a dove è il momento di seguire la Via Comune alle Vette Fornezze, che si stacca decisamente verso Nord prima tra la boscaglia, poi tra i fitti mughi, che poi fitti non sono più. Seguendo la traccia ora ben tagliata nella vegetazione costeggiamo i contrafforti occidentali delle Vette Fornezze. Un angusto ambiente si presenta di volta in volta dinanzi a noi: altissime bastionate di dolomia, intervallate da ripide balze di mughi e esili cenge percorse solo da ungulati. Un mondo affascinante e complesso! Arriviamo ben presto nel centro di un grande impluvio il quale è il canalone del Ciol de Nartais. Lo risaliamo con divertente ginnastica tra blocchi e lisci scivoli rocciosi. Mai difficile e spesso ampio e variegato, impegna con qualche passaggio di I grado, fino alla sua larga testata che ci espone direttamente sulla sottile cresta meridionale delle Vette Fornezze. Ora arriva il bello! In versante Meduna si percorre una cengetta esposta di “roccia” inguardabile e poi per ghiaino e sfasciumi si compie un “dentro e fuori” di cresta esaltante, passando alla base di un grosso gendarme che si può ben vedere fin da Senons (passaggi sul II). Compatti proseguiamo ben contenti, nonostante zaini pesanti e passaggi non proprio banali, finché giungiamo alla base del camino che conduce ad un alto e stretto foro di cresta. Una nuvola ci attraversa e rende la scena misteriosa ed epica. Attacchiamo la placchetta per uscire dal foro. È un buon III di roccia abbondantemente umida. Con qualche imprecazione esco anch’io dal foro e raggiungo gli altri. Ancora qualche passo esposto e qualche facile roccetta, e voilà siamo in cima alle Vette Fornezze!

Senza neanche saperlo avevo appena partecipato alla prima ripetizione della Via del Foro, aperta da Giorgio e Celestino F. solo l’anno scorso. Via stupenda, per nulla banale, che sfrutta in pieno le architetture che questa montagna offre. Una via d’altri tempi!

Il panorama è un poco soffocato dalle brutte nubi che ci circondano, così, vista anche la lunghezza del percorso che ci attende, ci fermiamo poco e poi ripartiamo seguendo la facile dorsale Nord lungo la Via Normale, che in poco ci deposita nel Cadin delle Fornezze, tra le Cengle e appunto le Vette. Lo risaliamo fino all’ampia Forcella della Fornezze, tra una chiacchera e l’altra animiamo questa splendida conca glaciale. Poi facilmente per ghiaie e detriti risaliamo anche le Cengle Fornezze, dove firmiamo il foglietto di vetta. Non vi saliva nessuno da svariati anni. Che spettacolo!

Le nubi si fanno ancor più dense e qualche goccia di pioggia ci rinfresca i volti. Ma non è nulla di che, anzi il meteo è in miglioramento. Dalla selletta che divide le Cengle Fornezze dalla sua anticima, chiamata Cima Stief, scende un ripido canalone in direzione Est che noi discendiamo più o meno disagevolmente. L’inizio è piuttosto ripido e dal fondo duro, poi, come sempre, diventa divertimento. Ed è così che giungiamo nella conca glaciale chiamata Il Cjadin. Da anni osservavo questa zona sulle mappe; fortemente incuriosito dalla loro lontananza dal mondo, sognavo un giorno di poterne vedere l’integrità e la bellezza tipiche di questi catini dolomitici. Effettivamente la mia immaginazione viene ora ripagata. Trattasi di un catino molto vasto, suddiviso in due conche superiori e una inferiore che ne raccoglie le acque. Evidente anche l’antica presenza di pascolo suggerita da una radura con un classico basamento di pietre di quello che probabilmente era un cason. È un luogo ancestrale!

Dopo averlo lungamente attraversato giungiamo in vista di Focella Claupe. Per poterla raggiungere però dobbiamo un po’ lottare con selve di mughi e rintracciare dei passaggi abbordabili per scendere due alte fasce rocciose. Così con un po’ di ricerca e intuito andiamo a scendere prima per roccette marce di I grado, poi una simpatica cengetta discendente piuttosto esposta. Ed eccoci in breve sulla mugosa Forc. Claupe che si affaccia sul Canal Grande del Meduna.

L’attraversata è ancora lunga, così proseguiamo senza sosta, prendendo di petto lo Spigolo Ovest delle Lastre di Peschis. Saliamo rapidamente per brevi salti e cengette, fino ad un passaggio su roccia ottima posto sullo spigolo vero e proprio di questo primo risalto dello Spigolo Ovest (un buon II grado). Così guadagnamo la lunghissima dorsale colma di mughi. Non ci resta che “navigare” sfruttando talvolta piccole radure o esili tracce di ungulati. Questo tracciato è stato percorso per la prima volta da Giorgio e dall’amico Ruggero Petris svariati anni fa, i quali avevano cavalcato interamente la lunga cresta delle Lastre di Peschis. Così, a circa metà dorsale, incontriamo i primi tagli sui mughi che ci consentono di orientarci un po’ meglio. Finché si giunge ai piedi dello spigolo vero e proprio. Iniziamo ad essere stanchi e prosciugati dalla calura dei pini mughi, e con una certa perplessità attacchiamo lo spigolo. Divertente il primo canale di I grado, il quale ci porta ad una crestina piuttosto esposta e instabile. Giorgio e Tiziano arrampicano con disinvoltura davanti a me e Andrea che li seguiamo con qualche perplessità. Gli ultimi 10 metri, molto esposti, non sono niente male: placchetta di II grado superiore su roccia marcia e detriti, ed infine 3 metri probabilmente sul IV in cui ci aiutiamo con un provvidenziale mughetto all’uscita e uno spezzone di corda gentilmente calatoci dall’alto. Ah finalmente fuori dai casini!…e invece no!!! L’ultimo  passaggio è un salto da una liscia placca discendente verso delle roccette coperte di detriti. Anche qui usiamo la corda per aiutarci nel salto, comunque inevitabile. “Il salto della capra”! Ora siamo veramente in cima! Grande gioia, grande cima! Sul libretto di vetta lasciato da Giorgio e Ruggero, c’è solo la firma dell’amico Stefano da Capriva. Il panorama è soddisfacente. Soprattutto mi stupisce l’inusuale vista che da qui si ha delle Caserine Alte: sembrano un ardito dente dolomitico!

La discesa, più rilassante, avviene lungo la cresta Est, la quale comunque non banale e piuttosto esposta, ci conduce con passaggi super estetici alla sella che divide le Lastre di Peschis dalla cima quotata 1861m. Da qui giù per un vallone erboso nel quale rintracciamo la traccia tagliata nella vegetazione che doveva essere il progetto di Fradeloni.

In breve risalita arriviamo al meraviglioso prato di Forcella della Crous 1752m. Luogo da favola che non conoscevo, mi lascia letteralmente a bocca aperta. È un prato pingue rialzato ed isolato, coperto da una lenta fioritura di Botton d’oro. Meriterebbe una escursione solo per rimanerci un intero giorno a godere dell’incredibile relax che regala. Da qui seguiamo sempre la cresta su cui corre la traccia, che ci porta a Forcella Chiampiuz, e da qui in breve arriviamo all’omonima casera. Quest’ultima, ristrutturata una quindicina d’anni fa dal Parco delle Dolomiti Friulane, sorge su un bellissimo pascolo con un’ampia vista verso la Carnia, ed è lungamente raggiungibile tramite noiosa strada forestale da Forni di Sotto.

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Il Pramaggiore e il pascolo della amata Casera Pramaggiore.
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Da sinistra: Turlon, Pale Candele, Duranno, Cima dei Preti.
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Sotto i contrafforti occidentali delle Vette Fornezze.
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Caserine Alte coperte dalla nube, Corno di Senons, Cima di San Francesco e Cima Pussa.
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Il canale del Ciol di Nartais.
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Qualche breve e divertente passaggio di roccia nel canale.
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L’uscita in cresta e subito dopo la cengetta di “roccia” inguardabile.
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Brevi passaggi di II grado su roccia decente, per giungere sotto quel gendarme… (Foto di Andrea F.)
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Il gendarme che si può vedere fin da Senons. (Foto di Maja O.)
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Cengle Fornezze, su cui più tardi passeremo.
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Alla base del Foro di uscita che risolve l’intera via.
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Mitch all’uscita dal foro.
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Autoscatto in cima alle Vette Fornezze.
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Giù per la Normale che ci conduce nel Cadin tra le Fornezze.
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Tra le Fornezze, varso le Cengle.
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In cima alle Cengle Fornezze.
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Giù verso Est. Sotto ben visibile Il Cjadin, tutto a sinistra si vede l’intaglio di Forcella Claupe.
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Parte Alta del Cjadin.
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Cengle Fornezze.
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Le intricate Lastre di Peschis e in basso il prato di Forcella Claupe.
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Simpatiche cengette per arrivare a Forc. Claupe.
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Forcella Claupe.
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Sul primo risalto dello Spigolo Ovest alle Lastre di Peschis. (Foto di Andrea F.)
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Il vero e proprio Spigolo Ovest.
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La paretina di II abbondante. (Foto di Giorgio M.)
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Sul breve caminetto con A0 su mugo e corda. (Foto di Andrea F.)
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“Il salto della capra”.
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In cima alle Lastre di Peschis!
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Gruppo di personaggi tosti sulle Lastre di Peschis.
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Caserine Alte, Cima di San Francesco, Cima Pussa e Cima di Bortolusc.
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Cengle Fornezze e Monte Chiarescons.
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L’ungo la splendida cresta Est…
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…estremamente estetica! (Foto di Andrea F.)
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Poi giù per roccette prima di calare definitivamente sul mai compiuto sentiero 394.
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Il pascolo di Forcella de la Crous.
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Forcella de la Crous e a destra le Lastre di Peschis.
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Casera Chiampiuz.
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Casera Chiampiuz.
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Vita di casera (Foto di Maja O.)

Da Casera Chiampiuz al Rifugio Pussa, per il Brustulàt e il Cenglòn

Le previsioni meteo non promettono nulla di buono, così ci svegliamo presto e godiamo anche di una discreta alba verso la Carnia orientale. La serata è stata decisamente piacevole e il calore della stufa ci ha accompagnati nel sonno. Partiamo rimontando in Forcella Chiampiuz e da qui ritorniamo alla splendida Forcella della Crous. Da qui puntando decisamente verso il limite a Sud-Ovest del grande pascolo, andiamo ad imboccare una labilissima traccia tra i mughi. Questa porta, dopo un attraversamento tra mughi, a scendere ripidamente lungo un largo canalone detritico che non è altro che la testata del Rug da la Crous, ripido torrente su cui si inerpica un antico percorso di cacciatori e bracconieri. Questo era uno dei “principali” collegamenti tra il lato fornese e il Canal Grande del Meduna. Dopo aver lungamente sceso la testata di questo torrente, giungiamo in un punto di confluenza di vari connettori al centro delle lunghe pareti delle Lastre di Peschis. Seguendo l’impluvio ci si potrebbe calare per percorso greppistico nel Meduna. Noi invece proseguiamo in quota seguendo una labile traccia a tratti tagliata tra i mughi, che con qualche incertezza nell’orientamento, lungamente ci porta nel Brustulàt e poi in Focella Claupe. Questo percorso, articolato tra viaz, mughi e colatoi detritici, è stato riaperto sempre da Giorgio e Ruggero anni fa, e ci permette di fare un’attraversata molto interessante, su questi ripidi versanti sopra il Meduna.

A Forcella Claupe il meteo sembra migliorare e ci concede anche qualche sprazzo di Sole. Si vedono perfino le Tre Cime di Lavaredo! Risaliamo faticosamente le ripide pale erbose discese il giorno precedente in direzione Sud-Ovest, fino a guadagnare la cresta alla base delle rocce della cima quotata 1906m. Qui grazie a qualche evidente taglio sui mughi, rintracciamo l’attacco del mitico Cenglòn. Ci concediamo anche un attimo di pausa per ammirare il lungo percorso fatto finora, strizzando l’occhio alle incasinate Lastre di Peschis che con grande soddisfazione siamo riusciti a salire. Constatato di aver raccolto svariate zecche, ripartiamo perdendo poco meno di un centinaio di metri di dislivello in lato Meduna. Da una spalla prativa ci si svela il Cenglòn. L’inizio è spettacolare! Prima una cengetta sabbiosa, poi dopo un’ulteriore discesa, un’altra lunga bancata sabbiosa. Mai difficili, solo un poco esposte, regalano visioni fotogeniche! Qui si può notare l’importanza geologica di questa cengia, la quale non è frutto di una semplice stratificazione calcarea, bensì è il risultato di una linea di faglia. Diversità non indifferente, in quanto casi del genere sono più unici che rari e ci permette di osservare la forma più “spinta” del metamorfismo di faglia: la forte pressione data dallo scorrimento delle due parti della faglia, redistribuisce i minerali presenti nelle rocce su di un piano, chiamato specchio di faglia.

Con lunghi “su e giù”  proseguiamo su questo cengione, il quale regala scorci indimenticabili sull’intero Canal Grande del Meduna, e sulle Sorgenti del Meduna stesso. Inoltre permette di conoscere adeguatamente la geografia della zona, altrimenti difficile da decifrare su carta. Ed è così che le lontanissime Cime di Leadicia attirano ancor di più l’occhio del Salvadi…

In ultimo, dopo qualche attraversamento delicato su ripida ghiaia dura, scendiamo definitivamente alla base delle imponenti pareti Sud delle “gemelle” Fornezze in un grande catino detritico. Da qui osserviamo un po’ intimoriti l’orrido canalone che sale a Forcella Nartais. Presenta ancora due lunghi e ripidi nevai da risalire, ma soprattutto è colmo di detriti instabili lasciati dallo scioglimento della neve. Per fortuna esce il Sole e non piove… Iniziamo risalendo i nevai e poi il sempre più stretto canale, fino ad una venatura di roccia fraida e scura che impegna con qualche breve salto roccioso. Ma come tutti i canali/camini, prima o poi, presenta una strozzatura con masso incastrato. In questo caso va superata per liscia placca di roccia sulla sinistra del masso incastrato (un buon III grado superiore). Giorgio e Tiziano passano abbastanza agevolmente, noi preferiamo uscire dal canale alcuni metri più in basso, sempre sulla sinistra, per rocce più semplici ma molto più marce. Così dall’alto Antonio e Tiziano ci lanciano i soliti 10m di corda, ancorati ad un provvidenziale larice nano. Usciti dal canale, risaliamo con orribile arrampicata su erba fino alla Forcella Nartais. È fatta! Ora sì, siamo fuori dai casini! Un bel sospiro di sollievo e ci godiamo una breve sosta ristoratrice.

Questo stretto valico, oltre a scendere tremendamente per il nostro percorso di salita, permette solamente di salire per mughi e vegetazione alla Cima Nartais. Quindi è snobbato da sentieri ed escursionisti, ma concede comunque un buon panorama su Pramaggiore e sul Canal Grande del Meduna, e il suo accesso è relativamente facile e breve dalla Casera Senons, alla quale scendiamo velocemente per la traccia segnalata da ometti e tagli sulla vegetazione. Da qui in Pussa e poi a Claut a brindare da Luca per questi due splendidi giorni.

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Alba in Carnia.
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Calandosi nel Rug de la Crous.
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In attraversata lungo dei viaz nel cuore del Brustulàt.
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Qualche breve passaggio su marciume. (Foto di Maja O.)
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L’inizio del Cenglòn.
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Il tratto di faglia più evidente.
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Specchio di faglia!
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Cima Nartais, a destra Forc. Nartais e l’orribile canalone che risaliremo.
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Alto Canal Grande del Meduna. Bellissime da qui le Caserine Alte.
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Cime di Leadicia e Forcella Pierasfezza!
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Il canalone di Forcella Nartais.
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L’uscita del Cenglòn (Foto di Antonio).
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Risalendo i nevai nel canalone. Dietro: il Cenglòn.
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In prossimità della strozzatura di III grado abbondante.
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Salendo i terrificanti prati sotto Forcella Nartais.
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Finalmente la pace di Casera Senons ci permette di rilassarci.

Note conclusive

È, questa, una due-giorni molto intensa, che lascia l’animo dell’amante del selvatico pieno di sensazioni e visioni indimenticabili. Parliamo di zone dove passano ben pochi umani all’anno, zone lontane e apparentemente inaccessibili. La Natura qui è apprezzabile nella sua purezza pressoché totale, nell’integrità che solo centinaia di anni fa si poteva rintracciare sulle nostre montagne. Solo dedicandovi una vita intera di esplorazioni come sta facendo l’orso Gongo si può giungere ad una genuina conoscenza di queste zone. Come con Fradeloni 40 anni fa, così con lui e a pochi altri adesso, queste montagne vivranno (in senso strettamente antropocentrico) ancora per qualche decennio, finché qualcun altro, si spera, prenderà il testimone. Solo in questo modo si possono tramandare i “segreti” racchiusi tra questi monti, che necessariamente devono rimanere così salvadis.

Passando alle note tecniche non c’è molto più da dire. L’intero percorso è stato fisicamente provante, con l’orientamento mai semplice e difficoltà su roccia che al massimo hanno raggiunto il III grado, solo in un caso superiore. Ma le difficoltà su percorsi del genere non sono quelle dettate dal grado, bensì da terreni difficili e scabrosi, prati ripidi, roccia spesso estremamente friabile, nessun tipo di segnavia convenzionale. È necessaria una capacità d’orientamento superiore alla media!

Primo giorno: 1600m di dislivello circa, 10 ore.

Secondo giorno: 800m di dislivello circa, 8 ore.

Il progetto di Fradeloni: sentiero CAI 394

Avendo accennato nella premessa alla figura di Sergio Fradeloni e al suo progetto riguardante l’attraversata Chiampiuz – Pussa, andrò ora brevemente ad approfondire quest’idea quasi dimenticata. Egli aveva ipotizzato un’interessante attraversata che, molto lungamente, collegasse la Val Settimana con la Val Tramontina. Scrive nella sua guida: “Lunghissima traversata in una zona scoscesa e particolarmente poco frequentata. La lontananza da ogni punto d’appoggio, la difficoltà di orientamento in caso di scarsa visibilità ed alcuni tratti che richiedono l’uso delle mani ed il passo sicuro, rendono questo percorso adatto esclusivamente a persone ben equipaggiate, allenate e con esperienza alpinistica; A”. Il percorso che, molto sinteticamente, sarebbe passato sotto il Monte Chiarescons, poi per Forcella Col della Valle, Il Cjadin, Forc. de la Crous, Casera Chiampiuz, e poi ancora lungamente fino in Casera Chiampis, prevedeva di sfruttare dei sentieri tutt’ora segnalati CAI. Ciò che incuriosisce è la citazione di un sentiero CAI 394, che non è mai esistito, il quale avrebbe collegato il sentiero 364 (nei pressi dell’ex Casera Libertan) con la Casera Chiampiuz. I lavori di apertura del sentiero erano stati iniziati dal lato Chiampiuz e i risultati si possono tutt’ora vedere fin oltre le Lastre di Peschis, poi tutto è rimasto incompiuto. Per saperne di più leggi qui.

Una risposta a “Vette Fornezze 2110m, Cengle Fornezze 2094m e Lastre di Peschis 1871m”

  1. Coplimenti per questa magnifica traversata in posti veramente selvaggi con pochissime tracce umane come piace ame . Se è possibile vorrei aggregarmi alle vostre prossime uscite nel parco delle dolomiti friulane che conosco abbastanza bene ma mai come voi del posto. Mi interesserebbero specialmente le vie normali.Sono del C.A.I Mirano VE MANDI

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