Relazione di Claudio Betetto, foto di Jacopo Verardo e Claudio Betetto
Salita del 3/01/15
Premessa
Era il 29 Marzo del 2014 quando tentavo la salita a questa cima, ultimo baluardo delle Clautane dopo il quale si sconfina nel vasto territorio misconosciuto dei Canali del Meduna e della val Silisia. L’inverno era stato nevosissimo e, affacciatomi sul vasto catino principale (il primo Aip), non me la sentii di procedere oltre, così ripiegai sulla Costa de Pu fino alla quota segnata 1970m.
L’inverno 2014-2015 invece, perlomeno fino a Gennaio, si dimostra avaro della amata dama bianca, cosa che ci permette di optare per una salita senza troppi patemi. Al rapporto siamo in 3: il Pola, Jacopo e il sottoscritto: il Landre è a metà. Il ritrovo è nella caratteristica frazione di Lesis, dopo l’abitato di Claut prima del sorgere del sole.
Relazione
Saliamo in auto fino agli St. le Parentonia (725m) e proseguiamo a piedi lungo i tornanti che portano al Pian di Cea. A destra, sul fondo della valle in mezzo ai massi, nasce l’amato Cellina.
Ancora al buio percorriamo le lunari Grave da Giere che troviamo solo leggermente innevate ed in breve giungiamo in Casera Podestine (1024m) dalla quale assistiamo ad uno spettacolo unico: le nubi si tingono di rosa verso il Resettum e tutta l’aria si carica di colore. Noi minuscoli in silenzio osserviamo. Dai pressi della casera prendiamo il sentiero che per qualche centinaio di metri punta verso forc. delle Pregoiane per scartare sulla dx in direzione Casera Caserata. Ormai è la quarta volta che passo di qui: nel Dicembre 2013 da solo fino alla Caserata affondando nella neve alta, la seconda volta per un infruttuoso tentativo al Dosaip con l’amico Nicola e la terza quando rinunciai alla cima a causa della troppa neve. Ora siamo agguerriti e più attrezzati.
La traccia sale inizialmente per una faggeta alternando poi traversi su ghiaie a qualche mugo; non è propriamente “divertente” ma è frequente scorgere ombre fugaci che si nascondono fra i rami e si percepisce il respiro della natura. Siamo in Caserata (1479m) per le 8:45 dopo poco più di 2 ore di cammino. Breve sosta e da qui inizia la vera avventura! Seguiamo una traccia che stacca dai pressi della casera (invisibile l’anno precedente a causa della neve!) che ci porta a risalire un bel bosco misto di abeti, faggi e larici in direzione dei ruderi di Casera Dosaip (1809m) di cui è rimasta solo qualche pietra. Da qui saliamo la parte finale del pendio per affacciarci sul catino, il cosiddetto “primo Aip”, tramite il quale tenteremo la cima. Sulla carta è segnata una traccia che si tiene bassa per entrare nell’Aip dal basso ma la tralasciamo e ci caliamo nel catino. Inizia ora un lungo traverso per tentare di perdere meno quota possibile, evitando anche strani lastroni che appaiono poco rassicuranti. Non deve infatti trarre in inganno la poca quantità di neve: spesso il pericolo è più elevato proprio con queste condizioni! ( Vedi: Approfondimento su neve).
Una volta giunti all’incirca sulla verticale della presunta cima iniziamo a salire: la neve nel frattempo si è fatta più alta e per nulla portante, ogni passo costa parecchia fatica. Nella parte alta ingaggiamo anche la lotta con qualche mugo ed infine con una cornice che non ne vuole sapere di essere superata ma in qualche modo raggiungiamo la cresta. La cima è lì, pochi metri a dx. Tira un bel vento e ho una mano totalmente ghiacciata per non aver usato i guanti nella parte alta della salita, il sole però scalda un minimo e riusciamo a rimanere sulla cima per un po’. E’ circa mezzogiorno, c’ è poco da perder tempo: scattiamo una foto di vetta tra le più riuscite e poi giù nell’Aip per tornare sui nostri passi. A ritroso ripercorriamo il traverso, diventato faticoso per via della neve che ha mollato( e siamo al 3 di Gennaio!!), ripassiamo per Casera Dosaip dalla quale la visuale sul versante Sud delle Caserine in tenuta semi-estiva lascia impressionati, poi la Caserata, la Podestine ed infine alle ultime luci siamo di nuovo sulle Grave da Giere. E’ come un ritorno graduale alla civiltà con il sole che cala sulle cime dietro di noi regalando ancora visuali incredibili. Una buona birra a Claut rinsalda il legame fra gli alpinisti in erba.
Lungo la strada verso casa sarà però Erto la protagonista, emanando con le sue luci un’aura d’oro nel nero impenetrabile della Val Vajont e chiudendo in bellezza una giornata a dir poco spaziale.
Note
Salita non difficile tecnicamente ma di ampio respiro per l’ambiente selvaggio e isolato nella quale si svolge. Partiti col buio e tornati alle ultimissime luci. Ramponi utili nella risalita dell’Aip con neve ghiacciata, corda inutile.
Sitografia
– http://www.latanadellorso.altervista.org/crestadosaip/periplo.htm
– http://digilander.libero.it/caisanvito/gitesoci/La%20Val%20del%20Giaz.htm
Dovevate portare giù quella croce. In tanti anni di frequentazione di quella cima (prima salita nel 89) non c’è mai stata alcuna istallazione. Ora, nonostante i divieti del Parco spuntano croci e lapidi come funghi. Parrebbe una cosa consueta e innocente, ma non lo è: se ognuno si inventasse qualcosa da portare in vetta le cime sarebbero discariche. Le croci hanno lo stesso significato dei bolli; pensate quanto sarebbe stato più bello per voi arrivare in vetta col dubbio se quella era veramente la sommità o se più avanti vi fosse stato un dosso più alto; ciò è possibile solo in mancanza di istallazioni.
Ma non dura tanto, statene certi.