Vento ed evoluzione del manto nevoso

Fin’ ora abbiamo però tralasciato un personaggio fondamentale: il vento. Se esso trova neve trasportabile ( per esempio leggera appena caduta) tende ad asportarla dalle zone sopravvento e depositarla sottovento, con riferimento a creste e forcelle. Se è moderato la dispersione darà luogo a grossi problemi perché sarà localizzata; se invece è forte paradossalmente i problemi saranno minori poiché la dispersione della neve sarà su un territorio più ampio e quindi gli spessori esigui.  Sotto creste e forcelle quindi il vento può far danni poiché la neve depositata andrà a generare lastroni.

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Grossi accumuli da vento sulla cresta del Ressetum
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Le medesime cornici viste da sotto

Nella zona sopravvento invece, ci sarà erosione e quindi il manto nevoso sarà assottigliato e tenderà a formarsi una crosta da vento, in taluni casi anche molto resistente come è possibile vedere nella seguente stratigrafica.

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Profilo Tiarfin

Notare la resistenza/ durezza più elevata, anche se inferiore alle croste da fusione e rigelo. Tuttavia posso dire di aver beneficiato varie volte di queste preziose amiche che aiutano nella progressione, purchè gli scarponi siano ramponati!!

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Crostone con relativa cornice lungo la normale al Raut
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Crosta da vento sulla rampa finale della normale al Verzegnis

Il profilo va sempre letto nella sua interezza ma può essere già utile vedere l’ andamento della durezza degli strati con la profondità. Nel caso della stratigrafica fatta a casera Ressetum il 17/03/15, il manto nevoso si definisce “idrostatico” cioè progressivamente la sua durezza aumenta: questo è un fattore che generalmente conferisce stabilità. Il grado di pericolo assegnato quel giorno è stato infatti 2 più che altro perché in superficie c’ erano 30 cm di neve fresca e più in profondità cristalli sfaccettati. Tuttavia la sciata sopra questa neve non è stata delle migliori poiché era molto bagnata vista la temperatura.

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Profilo casera ressetum

 

A questo punto è il caso di dare un’ importante informazione, ovvero che maggiore sarà la copertura nuvolosa, più la neve sarà “cucinata” cioè bagnata poiché la radiazione infrarossa non potrà disperdersi nell’ atmosfera. Il manto nevoso tenderà però a consolidarsi: il profilo soprastante ne è un esempio, come è anche esempio di quanto sia veloce la metamorfosi della neve fresca: aveva finito di nevicare da meno di 6 ore e già si trovavano cristalli di neve fusa.

forme fus 2
Classica forma fusa di grosse dimensioni
forme fus 1
Classica forma fusa un pò più piccola
crosta
La crosta da fusione e rigelo è una forma fusa

 

I profili visti fin’ ora riguardano l’ inverno 2014-2015 relativamente avaro di neve, con la prima nevicata significativa a fine Marzo. Questo ha fatto sì che si instaurasse un forte gradiente termico, responsabile della trasformazione dei cristalli. Nelle annate molto nevose invece questo non avviene sia perché lo strato è molto spesso sia perché è più uniforme come nel 2013-2014. Inoltre spesso l’ anno nevoso non è troppo freddo e non genera i tanto odiati gradienti termici.

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Profilo cima cacciatore

Paradossalmente il rischio per distacco provocato è più alto nelle annate con poca neve piuttosto che in quelle molto nevose; certo che uscire il giorno seguente la nevicata di un metro non è una scelta saggia.

La neve quindi abbiamo capito che si trasforma. Questo processo raggiunge un punto di svolta nella stagione primaverile quando il manto nevoso tende ad uniformarsi verso le forme fuse per un progressivo riscaldamento.  Questa situazione generalmente è sicura dal punto di vista valanghe salvo quando si forma uno strato d’ acqua lubrificante alla base della massa nevosa che ne può determinare uno scorrimento.

Questo è un profilo stratigrafico fatto sul Monte Tiarfin nel quale, pur essendo in stagione avanzata, si nota solo una parziale “primaverizzazione” (forme fuse) a causa della quota.

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Profilo primaverile Tiarfin

La neve fradicia è solo nello strato più superficiale ma nel tempo coinvolgerà tutte le profondità. Notare la densità elevata  della neve. Il gradiente termico è nullo.

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Neve fradicia. Il tenore idrico è elevato così come la densità di conseguenza

Il secondo profilo è invece stato fatto in zona Ghiacciaio Montasio ed è tipico di una situazione primaverile avanzata. Si possono trovare anche delle croste da pioggia in mezzo alle forme fuse.

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Profilo primaverile ghiacciaio del Montasio

I temi che ancora si potrebbero trattare sarebbero molti, basti pensare a tutte le relazioni fra pendenza e distacco della valanga, ai test di stabilità oppure al fattore umano che è complessissimo. Per ora non sarei in grado di dire molto…ma c’ è sempre tempo per ampliare la pagina in futuro!!

Una risposta a “Vento ed evoluzione del manto nevoso”

  1. Complimenti Claudio, veramente un bel lavoro, mi sorprende vedere quante cose hai imparato nel breve tempo trascorso da noi!
    Questo è un’orgoglio anche per noi
    Daniele

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