Croda da Lago 2715 m – Via normale

Salita, relazione e foto di Francesco Lazari e Nicola Stefnuto.

Premessa

Da qualunque punto lo si guardi, il gruppo della Croda da Lago appare slanciato e ardito: visto da cortina e dal passo giau offre un’infinità di pareti verticali unite da una cresta super frastagliata, vista “di profilo” dalle Tofane appare quasi come un’unica torre che si slancia solitaria sul bordo della conca ampezzana.

Salire la cima principale del gruppo è stato per tanti anni un mio pensiero fisso. Oltre all’esteticità della cima, si aggiunge una normale molto alpinistica con un laborioso avvicinamento, di cui si trovano molte informazioni contrastanti: il Berti valuta la salita di II grado, online quasi tutti riportano l’esistenza di un tiro di V, sostenendo la poca affidabilità del Berti. Oltre a queste informazioni, il nonno mi aveva sempre consigliato di salirla essendo stata una delle normali che più gli era piaciuta. “ma si, c’è una variante di V che puoi aggirare stando sul facile, basta star attenti a evitarla se non vuoi salire là” diceva sempre, poi però c’era anche l’incognita delle soste per le calate, che in parte si svolgono fuori dalla via di salita. La sua risposta a questo mio dubbio è stata “mavà dai lì disarrampichi, non serve far doppie sul III, noi ci abbiamo sempre messo meno tempo facendo così”…. alpinismo d’altri tempi, noi le doppie le abbiamo fatte eccome!!

In ogni caso, l’occasione di salirla mi si è presentata quando con Nicola abbiamo organizzato una due giorni nell’ormai ben conosciuta val Formin: il primo giorno Alverà-Menardi alla cima Cason de Formin, salita l’anno scorso con Claudio, il secondo giorno la normale alla Croda da Lago. Dopo una bella giornata passata ad arrampicare sulle pareti della prima cima, scendiamo velocemente verso la mitica radura dove piantiamo la tenda e iniziamo a progettare la salita del giorno seguente.

Accesso

Per arrivare all’attacco della normale serve accedere prima all’enorme cengia erbosa caratteristica del versante est del gruppo. Normalmente ci si accede dal rifugio Palmieri attraverso un canalino terroso (II, calata attrezzata su mugo per la discesa), noi però avendo come base la val Formin, decidiamo di risalire il ghiaione utilizzato solitamente come discesa dalla cima Cason de Formin. Per arrivarci si prende il sentiero che da rucurto (lungo parcheggio sulla sinistra a bordo strada salendo da Cortina verso il passo Giau) porta verso il rifugio Palmieri. Si sale fino a superare il torrente che scende dalla nostra valle. un centinaio di metri più in alto, in corrispondenza di una radura con una cappellina, si prende il sentiero che verso destra si inoltra nella valle. lo si segue fino ad arrivare poco distanti dalle pareti della suddetta cima, quindi in corrispondenza di un tornantino del sentiero si prosegue dritti puntando al ghiaione che abbraccia la parete sinistra della cima (faccia a monte). Lo si risale più o meno faticosamente fino a sbucare sul grande pianoro della cengia (45 min. dal sentiero, un paio d’ore dalla macchina). Da qui si vede già dove dovremo andare, dovremo spostarci parecchio a sud, verso la cima. Bisogna puntare al canale che sbuca su di una larga forcella tra una torre e il massiccio principale. Si punta quindi al canale restando alti sulla cengia (labile traccia non segnata, trovata solo all’andata) fino ad arrivare al canale, che va risalito per roccette nella parte più a destra (da qui ometti e traccia evidente). Dalla larga forcella si vede un altro canale, anch’esso da risalire, a cui si accede proseguendo per qualche minuto su una cengia orizzontale. Risalito anche il secondo canale si prosegue per cengia sempre in direzione della cima. Si seguono gli ometti che ci guidano facendoci fare qualche saliscendi per piccoli canalini fino a condurci sul fondo del grande diedro che separa la Croda dal Campanile Innerkofler, la cima che assieme al Campanile Federa e alla cima principale compone il trittico di vette più alte del gruppo, ben riconoscibile da tutte le angolazioni. Dal fondo del diedro ci si sposta ancora per 50/100 metri sempre verso sud, fino ad una bassa nicchia utilizzabile come bivacco (“scoasse” alla base) dove si trova l’attacco, segnato anche da un cordone su grande clessidra.

Salita

Premessa: nonostante avessimo la relazione sotto mano abbiamo presto deciso di abbandonarla e di affidarci al nostro istinto, non essendo riusciti ad identificare neanche un tiro riportato (si, tranquilli, siamo saliti sulla cima giusta).

Tiro 1

Si sale per facili gradoni obliquando leggermente a destra fino a raggiungere una cengia dove si sosta su uno dei numerosi spuntoni. II, 35 m circa.

Tiro 2

Si prosegue per la cengia verso destra fino ad un chiodo (eventuale sosta intermedia, da integrare) da cui si attacca la parete sovrastante (p. III+), quindi si prosegue in verticale seguendo i punti più deboli della parete, fin quando una cengia permette di traversare agevolmente in direzione del fondo del diedro dove si trova una sosta su due spit in corrispondenza di un largo spiazzo. Non avendo trovato la prima sosta e immaginando che sul fondo del diedro ce ne fossero, abbiamo tenuto questa direzione andando ad occhio, dato che la facilità della parete lo permetteva. II/III, p.III+; 65m.

Tiro 3

Finalmente siamo sicuri di essere giusti! Ora si prosegue dritti per il diedro stando nel suo fondo, fino a sostare sotto una grotta gialla. pp.III, 25m.

Tiro 4

Si sale per la bella placca a sinistra della sosta, tenendosi abbastanza vicini al bordo della grotta. Appena usciti è presente una sosta sulla destra (10 metri), dalla quale si prosegue obliquando a sinistra seguendo dei gradoni, senza puntare alla fessura gialla che abbiamo sopra la testa nel fondo del diedro. Una decina di metri prima di sbucare su una rampa-diedro obliqua verso destra si trova la sosta ( spit+ 3 chiodi). III sulla placca, poi più facile, 25m.

Tiro 5

Bisogna entrare nella suddetta rampa e seguirla fino a tornare a pochi metri dal fondo del diedro, dove si trova la sosta. II/III, 25 m.

Tiro 6

Questo è il tiro che permette di sbucare in forcella Eotvos, la forcella che separa la nostra cima dal campanile Innerkofler. Per arrivarci dalla sosta si risale la fessura più a destra della serie presente sul fondo del diedro. Sbucati in forcella si trova una sosta sulla parete della nostra cima (che è quella a destra), da noi evitata. Abbiamo invece proseguito per i facili gradoni sulla destra, che portano ad un’aerea e comoda cengia sovrastata da strapiombi, dove si trova la sosta su due chiodi. III fino in forcella, poi II; 30 m.

Tiro 7

Ultimo tiro! qui la roccia si trasforma, se prima era un bel calcare grigio compatto e dilavato, qui diventa abbastanza marcio e l’arrampicata richiede una certa attenzione. Dalla sosta si continua a seguire la cengia verso sinistra finchè un canalino permette di accedere alla cima, dove si sosta su uno spit integrabile da spuntoni. II; 20m

Finalmente in cima! Niente libro di vetta, la cima in sè non è un granchè, è un ammasso di rocce instabili appoggiate l’uno sull’altro. Però l’ambiente e la vista valgono decisamente la salita. Essendo così isolato come gruppo, la vista spazia in tutte le direzioni, permettendo di vedere tutte le cime principali delle dolomiti senza problemi. Inutile dire che durante la salita l’unica forma di vita incontrata è stata un camoscio che ci ha gentilmente indicato la strada fin quasi all’attacco! Il lungo avvicinamento ogni tanto serve a qualcosa.

La cima della croda da lago è bifida e (ovviamente) si arriva sulla cima più bassa, separata dalla principale da una forcellina. Data la qualità della roccia ci si potrebbe accontentare della cima secondaria, noi però vogliamo andare su quella principale!! Così sfruttiamo lo spit sulla vetta per calarci fino alla forcella e risalire con improbabili manovre di corda fino alla cima principale salendo direttamente uno strapiombino di un paio di metri, con il timore di alleggerire la cima di qualche quintale. Per fortuna va tutto per il verso giusto e siamo in cima!! Qualche metro sopra lo strapiombo si trova un cordone con maglia rapida per la sosta e la calata.

Dalla cima principale c’è una vista ancora più ampia rispetto alla secondaria ed essere su una cima che viene toccata poche volte l’anno pur essendo nel mezzo della conca ampezzana è un’emozione unica! Aveva ragione il nonno quando diceva che la Croda da Lago è una delle cime più belle in assoluto. Dopo una decina di minuti decidiamo di tornare sulla cima dove siamo sbucati (e dove abbiamo lasciato gli zaini con il cibo). Con un’ancora più improbabile manovra ci riportiamo sulla prima cima, dove possiamo riposare.

Discesa

Abbiamo effettuato la discesa con 3 corde doppie:

La prima sosta di calata è un metro sotto la cima in versante campanile Innerkofler (2 spit con cordone e maglia rapida). Noi abbiamo fatto tutte le calate con due corde da 60m, ma probabilmente ne basta una da 40-50 m, sfruttando tutte le soste presenti.

  1. Dalla cima fino alla sosta prima della forcella, con ancora un buon lasco di corda. Due soste intermedie.
  2. fino a fine corda, si arriva una decina di metri sopra la seconda sosta, da lì abbiamo disarrampicato le facili rocce fino alla sosta. Due soste intermedie
  3. Si scende seguendo il fondo del diedro. Anche qua abbiamo tirato dritti fino alla fine delle corde, una decina di metri sopra la cengia che porta all’attacco e poi disarrampicato (breve traverso a sinistra faccia a monte) fino alla larga cengia dell’avvicinamento.

Considerata l’abbondanza di soste non ci sono problemi a fare le calate con una corda sola ma, visto che sono tutte abbastanza lineari e il rischio di incastrare le corde è basso, secondo noi conviene sfruttare tutta la lunghezza delle corde così da ridurre fortemente il tempo di discesa.

Considerazioni finali

“Si ma il tiro di V?” vi starete chiedendo. Beh, è la stessa cosa che ci siamo chiesti noi una volta sbucati in cima. Per salire abbiamo seguito il nostro intuito scegliendo di volta in volta la linea più logica e veloce, che ci ha sempre portati a delle soste. Considerando che i gradi Berti sono parecchio stretti, secondo noi il II dato dalla guida può starci (sempre considerando appunto che è un II grado Berti), sulla linea da noi seguita non erano presenti passaggi superiori al III+. Lo sviluppo della via è di 200-250m e in totale sono 1000 metri di dislivello da Rucurto, località di partenza. I tempi di percorrenza sono molto variabili, in base al numero di tiri e di calate effettuati. Generalmente dal sentiero si possono considerare 2-3 ore fino all’attacco (salendo dalla val Formin) e 4 ore circa per la via. Per la discesa abbiamo impiegato un’oretta scarsa per le doppie e meno di due ore per il rientro al sentiero, in quanto la metà bassa del ghiaione è morbidissima e permette di scendere molto velocemente.

Per la salita è bene considerare che l’ambiente in cui ci si trova è molto “alpinistico”, ben diverso da quello addomesticato delle vicine 5 torri o dei lastoni di Formin, l’isolamento si sente quando ci si trova lungo la via. I chiodi in via sono sporadici ma le soste sono buone e sempre presenti (fatta eccezione per la prima che abbiamo probabilmente mancato). La roccia è buona fino alla forcella, mentre dopo diventa più precaria e richiede attenzione.

La salita è di grande soddisfazione e molto diversa dalle altre salite presenti in zona, ha un avvicinamento abbastanza impegnativo e richiede una certa sicurezza su terreni poco battuti. Detto questo la cima dà una grande soddisfazione, anche per il fatto di ritrovarsi immersi nel silenzio a due passi da alcuni dei luoghi più frequentati delle Dolomiti.

La colazione dei campioni: polenta ai formaggi!
Panorama classico ma sempre bellissimo
Il ghiaione che permette di accedere alla cengia dell’avvicinamento
L’enorme cengia alla base delle pareti. Il primo canale da risalire è quello più a destra.
Il diedro tra le cime principali (destra) e il campanile Innerkofler (sinistra)
La cengia tra il primo e il secondo canale lungo l’avvicinamento
Guglie affilate e Cortina
Quarto tiro
Nicola riparte sul quinto tiro
Manovre di corda discutibili tra una cima e l’altra
Cima! Sullo sfondo Marmolada e Pale di San Martino
Lungo la seconda calata

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *