Cima Belprà 2917m con bivacco sotto le stelle di Forcella Grande

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La costa Belprà a sinistra con la cima Belprà a destra dietro alla Torre dei Sabbioni vista dalla normale al Sorapiss. Si nota l’ attacco della grande cengia sul pianoro antistante la Torre dei Sabbioni e il ghiaione lungo la via di salita che da questa prospettiva pare oltremodo ripido
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Al centro della foto Cima Belprà posta in secondo piano dietro al Corno del Doge e alla costa Belprà e in mezzo a tutti i “Big” del Cadore. Visuale dalla cima del monte Popera

Relazione a cura di Claudio Betetto, foto di Francesco Lazari e Claudio Betetto

Se vogliamo dire la verità, nel tempo, un processo di cambiamento degli obiettivi e del tipo di “target” del mio andare in montagna c’è stato. Una cosa che però è restata immutata è la voglia di avventura. Così adesso si guarda magari di più alle cime ma quasi sempre quello che conta è maggiormente ciò che sta nel mezzo: il come, il quando e il perché. E’ per questo che della Cima Belprà ricordo alcune cose con più nostalgia di altre.

La scelta con Francesco di fare il bivacco in tenda in Forcella Grande è stata dettata dalla voglia di avventura, unita alla necessità di essere in quota la mattina presto. Infatti abbiamo approfittato di una finestra di bel tempo nel Luglio 2014, giusto nei giorni a cavallo fra due nevicate.

Partiamo da casa a San Vito di Cadore con la nostra montagna che ci si innalza davanti, a picco sul paese tantochè esiste perfino un albergo chiamato Belprà!

Ovviamente non prendiamo gli impianti ma saliamo prima il poco divertente sterrato che porta al Rifugio Scotter e poi in Forcella Grande passando per il Rifugio San Marco. Arriviamo che è l’ora di pranzo. Con noi abbiamo la tenda che montiamo in uno dei pochi spazi utili della forcella e durante il pomeriggio esploriamo la zona spingendoci fin sulle placconate di Cima Tajola; queste ci respingono ma sappiamo che un giorno torneremo con l’attrezzatura giusta.

Il tardo pomeriggio è tormentato da nubi turbolente che regalano visuali mozzafiato e la Torre dei Sabbioni è lì che ci guarda. Ancora non sappiamo che torneremo di lì a qualche mese per scalarla in una delle giornate più belle di sempre.

Da lontano osserviamo la posizione della tenda, perfetta. Poi la Forcella Grande è un luogo fantastico del quale mi sono innamorato. Ci sono tornato molte volte negli ultimi due anni, da quando ho cominciato a frequentare la montagna più seriamente e mai mi ha deluso.

La sera, dopo mangiato, usciamo a vedere la Luna e ad ascoltare il silenzio. E’ in questa occasione che credo di aver vissuto un momento magico, ho assistito ad uno spettacolo della natura: uno stambecco si stagliava in lontananza su un’ insellatura. Se ne scorgeva solo il profilo, in contrasto con la luce della Luna. Sullo sfondo il Caregon del Padreterno. L’ immagine sublime è durata pochi istanti ma rimarrà impressa nella mente per molto tempo ed ogni volta che ci ripenso un brivido mi percorre la schiena.

Ci ritiriamo in tenda e aspettiamo le 4, ora prefissata per la sveglia. Francesco è felice di alzarsi avendo sofferto il freddo tutta la notte, io invece maledico le sveglie e chi le ha inventate.

Imbocchiamo la traccia che dalla Forcella Grande aggira alla base la Torre dei Sabbioni per poi sbucare nel pianoro antistante, ancora colmo di neve, avendo cura di tenerci su quella più bassa fra le due presenti. Se per salire alla Torre si prosegue a destra fino a raggiungere l’ insellatura da cui parte la via normale, per la Cima Belprà si taglia il pianoro fino alle placconate dove si prende una grande cengia che sale da destra verso sinistra. Questa è parecchio ampia e permette un passaggio abbastanza agevole. Risalitala bisogna avere l’accortezza di cambiare direzione e proseguire da sinistra verso destra su di un’altra cengia con qualche passaggio un po’ più aereo e reso scivoloso dall’acqua che, soprattutto durante il periodo di scioglimento delle nevi, scorre copiosa.

Questa cengia porta ad un ghiaione che, se visto dalla normale al Sorapiss, pare impercorribile vista la pendenza, invece è più che fattibile ma nel nostro caso è ricolmo di neve. Non siamo ancora ramponati così ci tocca gradinare ed in qualche modo riusciamo a risalirlo fino ad un’ insellatura dove tiriamo il fiato. Qui si aggira la montagna in versante Sud e con passaggi molto esposti e marci (I grado) ci portiamo sotto alcuni massi dove un passo di II grado, conduce sulle rocce finali e da qui in vetta. Questa è formata da massi di grossa dimensione e gode di un’ottima visuale sull’Antelao, ancora in veste pseudo-invernale! Le firme sono poche; speriamo di essere i primi dell’ anno invece siamo stati preceduti da alcuni scialpinisti ancora in Aprile. E’ ancora mattina presto e ci godiamo l’aria limpida che ci fa spaziare la vista ovunque. Come al solito l’ora di scendere arriva troppo presto e, accompagnati dalle nostre ombre, iniziamo la via a ritroso. Ho qualche difficoltà sui passaggi marci, cosa che invece Francesco fa senza problemi, al contrario sulla neve proseguo spedito ed è invece Francesco ad avere qualche esitazione: il pendio è pur sempre bello ripido!! Ritorniamo sulla cengia che il cielo si è fatto nuvoloso, la cima probabilmente è già incappuciata. In breve scendiamo sul pianoro antistante la Torre dei Sabbioni e poi alla tenda. Non è neppure mezzogiorno ma la fame è tanta, decidiamo così di pranzare. Poi un riposo meritato con i piedi al vento è quello che ci vuole, come sempre dopo una grande avventura. Torniamo di pomeriggio a San Vito percorrendo il sentiero che arriva in paese direttamente dal Rifugio San Marco senza passare per lo Scotter, oltremodo ripido in vari punti. La sosta al rifugio per brindare con una birra rinfrescante è comunque d’obbligo.

Nel pomeriggio le nubi si addensano e la sera piovigginerà. Il giorno seguente ci saranno degli sprazzi di sole ma complessivamente diluvierà tutto il giorno per poi fare anche neve sopra i 2400-2500m: insomma abbiamo proprio colto l’attimo!! I nonni di Francesco continuano a ripeterci che siamo stati fortunati a non essere stati sorpresi dal maltempo in alta quota, memori di un alpinismo nel quale le previsioni del tempo erano al di là da venire e questo ci fa molto riflettere.

Siamo infine oltremodo felici perché siamo partiti da casa per farvi ritorno il giorno seguente, proprio come si faceva un tempo e nel far ciò ci sentiamo anche noi un po’ pionieri.

Note: salita che non presenta difficoltà tecniche elevate (max II grado) ma insidiosa per la roccia marcia proprio nei punti di maggior esposizione: un volo e si finisce al Rifugio Scotter 1300m più in basso!! Presenti bolli rossi lungo tutta la salita che risulta comunque abbastanza intuitiva posto che si abbia l’occhio per trovare l’ imbocco della cengia iniziale.

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La tenda “solitaria” in forcella Grande
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Classica vista dall’ interno tenda
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Infiorescenza di Dafne
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Dryas Octopetala alias Camedrio Alpino, relitto glaciale tipico dei terreni calcarei
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Cima Belprà al tramonto vista da forcella Grande
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Giochi di nuvole verso la Croda Marcora
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Luna piena sopra il Caregon
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In tenda al calduccio
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La mattina seguente lungo la traccia che aggira alla base la Torre dei Sabbioni
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Alba su Sorapiss a destra e Croda Marcora, a sinistra
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Visuale verso Misurina, sullo sfondo la Torre di Toblin
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Risalendo il grande nevaio
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Risalendo il grande nevaio in vista della insellatura dove si virerà a sinistra in versante Sud
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Primo passaggio marcio ed esposto dopo l’ insellatura
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A picco su San Vito di Cadore: sullo sfondo il Pelmo con già i primi cumuli alle 8 di mattina!
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In cima con alle spalle il Re delle Dolomiti
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Ammirando l’ infinito
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Croce e Antelao. Sullo sfondo l’Oltrepiave
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Costa Belprà e Corno del Doge. Sullo sfondo le Dolomiti di Sesto
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Le nostre ombre ci precedono in discesa. Si scorge piccolissima in fondo, la Marmolada.
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Passaggio delicato in discesa nella parte alta della seconda cengia
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Scendendo lungo la seconda cengia
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Le placconate di Cima Belprà viste dal pianoro antistante la Torre dei Sabbioni.

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