Relazione di Francesco Polazzo; foto di Jacopo Verardo e Francesco Polazzo.
Introduzione
È la cima centrale delle tre cime “Cadin” ed è quella che con la sua forma slanciata svetta più arditamente contro il cielo. Dopo aver salito l’anno scorso la varicellosa cima Cadin degli Elmi, questo settembre decidiamo di salire anche la vicina Cadin di Vedorcia. Questa cima ancora selvaggia ( e speriamo che tale rimanga) riceve poche visite all’anno e presenta tutte le caratteristiche e la maestosità dei Spalti di Toro.
Relazione
Poco prima del rifugio Padova imbocchiamo il sentiero che si addentra nel bosco e ci deposita al cospetto di uno spettacolo unico, siamo circondati da alcune delle cime più estetiche di tutto il raggruppamento. Siamo io e Jacopo ed è la seconda volta in quest’anno che ci troviamo qui, la precedente eravamo venuti in questo luogo per salire il campanile Toro, ma lo spettacolo che ci si presenta ci emoziona nuovamente molto. Proseguiamo lungo il sentiero CAI 352 e lo abbandoniamo a metà Fosso degli Elmi presso un grande masso con ometto che invita a salire il ghiaione che scende tra la cima Cadin degli Elmi e la nostra meta. Salendo in traverso ci troviamo sotto la forcella degli Elmi e insistiamo a risalire il ghiaione che ora si fa più instabile e franoso. Proseguiamo molto faticosamente tenendo la destra su terreno più solido, poi una costola rocciosa divide in due il ghiaione, noi teniamo il ramo di sinistra dove il ghiaione si stringe in un poco invitante canale che negli ultimi metri impegna con una paretina di II non banale, ma di buona roccia, che ci permette di arrivare all’angusta forcella degli Elmi. Da qui proseguiamo incontro la nostra cima alzandoci per rocce poco solide ed esposte (I, II) verso sinistra fino ad incontrare una cengia. La si percorre e si nota subito un grande masso che la ostruisce, questo deve essere superato con un passaggio aereo afferrando le lame sulla destra dello stesso (II), ci si monta sopra e si ridiscende sulla cengia ( poco dopo presente un eventuale sosta su masso incastrato…). Tornati sulla cengia si prosegue doppiando uno spigolo e giungendo sulla cengia mediana della parete Ovest. Dopo poche decine di metri si rimonta la parete articolata scegliendo i passaggi più facili (I) e si raggiunge un’ulteriore cengia che percorriamo riavvicinandoci allo spigolo sud-ovest dove troviamo una grande fessura con un ometto alla base. Si risale la fessura su roccia decisamente migliore fino a metà (II+) per poi piegare verso sinistra su rocce più facili fino ad una bella spalla ghiaiosa (è possibile fare questo tratto in cordata: presente una sosta su spuntone dopo la fessura e una su chiodo e spuntone sulla spalla). Qui decidiamo di legarci e partiamo all’attacco del grande camino che ci si presenta davanti.
L1: si risale il grande camino di bella roccia stando sulla parete di destra fino a trovare una sosta su tre chiodi. 30 metri, III.
L2: si continua nel camino incontrando difficoltà simili al tiro precedente fino a rinvenire appena prima della fine del camino una sosta scomoda su due chiodi. 30 metri, III+.
L3: si esce dal camino e si raggiunge un piccolo catino, si prosegue sulle rocce meno solide che scendono dalla cima fino ai blocchi gialli proprio sotto il culmine, dove si trova una sosta su due chiodi nei pressi di un terrazzo. 40 metri, II.
Gli ultimi metri a piedi portano alla strepitosa sommità che offre una panorama superlativo su tutto l’Oltrepiave e sul Cadore. Ammiriamo anche il Cimon del Froppa che saliremo il giorno dopo.
Firmiamo il libro con le poche e familiari firme e dopo una pausa scendiamo. Le soste sono attrezzate con maglie rapide e cordoni.
CD1: dalla sosta sotto la cima ci si cala fino alla sosta alla fine del camino. 40 metri.
CD2: si scende tutto il camino fino alla spalla ghiaiosa. 55 metri.
CD3: dalla sosta su chiodo e spuntone ci si cala fino alla cengia della fessura iniziale.
Mettiamo via le corde e ripercorriamo con molta attenzione il percorso fatto all’andata. La roccia è pessima e il passaggio sul masso che ostruisce la cengia non è banale. Cautamente riguadagnamo la Forc. Degli Elmi dalla quale scendiamo per l’altro lato del canalone delimitato dalla costola in modo da evitare la paretina di II. Poi giù veloci fino al sentiero e, per questo, al Padova a brindare.
Note conclusive
Cima impervia e con difficoltà concentrate dalla forcella alla cima e che sono rappresentate soprattutto dalla roccia marcia e dall’esposizione specie tra la forcella e la grande cengia. Una volta arrivati alla fessura e poi al camino la salita diventa molto gradevole e la roccia buona. Panorama magnifico e ambiente spettacolare. Salita consigliata e tutti gli amanti del genere.
Circa 4 ore e mezza per la salita e 3 e mezza per la discesa. Circa 1200 metri di dislivello.
Bibliografia/sitografia: “Dolomiti d’Oltre Piave”, Luca Visentini; Kitalpha.altervista.org
Spero di salire sabato questa cima esteticamente bellissima… Grazie per aver condiviso la relazione!
Merita davvero!
Grazie a te del passaggio 😉