Vaji: trittico da Campogrosso

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E’ ancora buio quando raggiungo il Vajo dei Colori

Salita del 28/04/16

Racconto e foto di Claudio Betetto

Concatenare 3 vaji (canali) sulle Piccole Dolomiti in una mattina è stato possibile grazie ad una combinazione di eventi: meteo e condizioni della neve favorevoli, strada aperta la sera stessa fino al Rifugio Campogrosso (1448 m) e tantissima voglia di “spiccozzare” un po’ di neve. Così ho dormito in sacco a pelo in auto, sono riuscito a svegliarmi alle 3 che stava nevicando e mi sono incamminato verso il Vajo dei Colori. Fino a 2 giorni prima sembrava quasi Estate, adesso è inverno. Saranno 1-2° sotto lo zero e vengono giù palline congelate.

Al buio è difficile trovare la strada giusta, tuttavia questa si svela davanti a me passo dopo passo: è come una continua intuizione che mi permette di raggiungere un po’ alla volta l’inizio del mio canale, “mio” almeno per questa mattina. Finalmente sono all’imbocco del Vajo dei Colori, mi rampono, estraggo le piccozze ed inizio salire. E’ ancora il buio più totale quando mi trovo davanti ad un bel crepo nella neve che decido di salire sulla destra come fosse un boulder ghiacciato, bello verticale. Poi continuo e punto all’uscita di sinistra. La neve è un crostone, la pendenza si accentua, le piccozze affondano come fosse burro e i ramponi grippano di cattiveria, è una libidine. Dopo un pò ho il fuoco nei polpacci, poco male si va avanti. La pendenza perfetta dei 60° fa dimenticare ogni cosa.

Una volta uscito su Bocchetta Mosca (2029 m), una voce insondabile dentro di me mi dice di camminare e cercare l’altro canale, quello che ha un nome particolare, un nome che parla di musica: Heroes just for One day, in memoria del defunto David Bowie. Questo vajo si trova sul versante Nord del Cherlong. Lì sono già stato a fine Gennaio con Laza e Mirco quando abbiamo percorso il Vajo Goodbye el Grio.

Muto, nel silenzio di una leggerissima nevicata di fine Aprile, passo dopo passo raggiungo la sella e poi mi butto giù a capofitto dall’altra parte, correndo felice nella neve, lontano dal mondo affannato e perverso della città.

In breve sono di nuovo a menar piccozze. L’attacco è fra un dosso e il massiccio del Cherlong.

La salita mi costerà due tratti di dry su misto erba-roccia, instabile. Cercare l’erba in queste situazioni è d’obbligo. Riesco tuttavia a recuperare il cordino lasciato a fine Gennaio. In cima non posso evitare di salire la cornice di “neve-sorbetto”.

La visuale dalla cima del Cherlong (2210 m) non è delle migliori perchè è arrivata la nebbia. Decido così di perdere 150 m per salire un altro vajo che si innesta sulla cresta NO di Cima Carega (2238m): il Vajo Posta. La riuscita è incerta ma le danze sono ormai iniziate e provo.

La rampa iniziale è su neve dura, a tratti con accumuli. Poi si impenna fino ad una sezione di misto delicato. La temperatura non è bassissima ma sto usando i guanti leggeri e a contatto con la neve la mano è diventata insensibile. Decido di agitarla. In pochi secondi inizia il dolore, sempre più forte da togliere le energie. Sono lì appeso che bestemmio e ho un conato di vomito ma so che tra poco finirà. Cinque minuti più tardi sto di nuovo bestemmiando, questa volta per superare a sinistra la cornice strapiombante che incombe sopra al canale.

“Maledetto appoggio per il piede che ti muovi e tu piccozza tieni mi raccomando che sennò qui è finita…”.

E’ un urlo quando sono fuori. Manca solo la cima del Carega e sono a posto.

La discesa non ha storia, tranne che per la polenta, formaggio e funghi del Rifugio Campogrosso, buonissimi.

Note

Ho voluto scrivere un racconto e non una relazione tecnica perché si addice molto più all’esperienza vissuta di fuga dalla città per godere di una mattinata fra le montagne. Info tecniche:

– Vajo dei Colori con variante di uscita a sx:  450m/AD/max 60°

– Vajo Heroes Just for One Day con variante di uscita a sx su cornice: 250m/D/max 70°/M

– Vajo Posta: D+/max 80°/M

Dislivello complessivo: 1100-1200 m

 

 

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