Torre dei Sabbioni 2531m – Sulle orme di Cesaletti

Torre dei Sabbioni e alta valle di San vito
Versante nord della Torre dei Sabbioni e alta Valle di San Vito.
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Visuale inconsueta della Torre da un antro lungo la via normale a Cima Bel Prà.

Salita, relazione e foto di Francesco Lazari e Claudio Betetto.

Introduzione

“Nel 1877 la guida cadorina Luigi Cesaletti da solo vince per primo la Torre dei Sabbioni, fissando con questa ascensione una pietra miliare nella storia delle Dolomiti” da Antonio Berti in Dolomiti Orientali, volume 1.

Perchè sì, questa salita rappresenta la prima della cosiddetta “seconda epoca ” dell’ alpinismo, ovvero quella delle cime minori, come sostiene De Falkner.

Relazione

Quanto grande è la soddisfazione nel poter metter piede su una cima accessibile soltanto con mezzi alpinistici? Niente vie secondarie più agevoli, niente sentieri, solo un enorme pilastro carbonatico che, pur minuscolo in mezzo a giganti del calibro di Cima Bel Prà e Antelao, mantiene più di una dignità, anzi si eleva fiero e sicuro toccando quasi la quota di 2600m.
Se la Torre dei Sabbioni, quando la si scorge dal sentiero che da Misurina porta al rifugio Città di Carpi, attrae l’attenzione solo dell’occhio interessato, è pur vero che una volta saliti da San Vito di Cadore fino in Forcella Grande per il comodo sentiero CAI, appare ardita. Portandosi fin sotto le sue pareti incute addirittura timore, con quelle sue placconate lisciate da millenni di intemperie, alternate a tetti vertiginosi.
La sua fama la precede e in una calda domenica ottobrina siamo lì per scalarla.
La attuale via normale ricalca quella dell’impresa del grande Cesaletti di fine Ottocento, per variare solo nell’ ultima parte, deviando dallo spigolo Sud-Est.
Partiti ancora al buio dal parcheggio del rifugio Scotter-Palatini, ci siamo diretti verso la conosciuta e amata Forcella Grande, compagna di svariate avventure passate, transitando per la sempre accogliente radura del rifugio San Marco dove abbiamo anche incontrato due cacciatori (esistono ancora). Qui vengono nascoste in fresca due preziose amiche che ci disseteranno al ritorno. Pervenuti alla forcella, usciamo dal sentiero segnato e tenendoci sulla più bassa di due tracce che tagliano il ghiaione trasversalmente, ci portiamo sotto la nostra “bella”. Qui salgono numerose vie di roccia anche molto difficili, noi invece seguiamo la traccia fino in versante Nord non smettendo mai di volgere lo sguardo in alto, sperimentando cos’è la vertigine. La torre va aggirata interamente fino ad arrivare ad un forcellino visibile anche da dove si abbandona il sentiero CAI, dal quale stacca il suddetto spigolo Sud-Est. Per la verità essendo in forte anticipo decidiamo, lungo la salita, di esplorare l’ampia cengia mediana comodamente accessibile, poi ci imbraghiamo e partiamo!
Inizialmente si superano alcune roccette sul II grado scarso e breve; poi, seguendo una cengia che aggira uno spigolo, ci imbattiamo in un anello di sosta e imbocchiamo il camino evidente con masso incastrato, un classico! Il tiro è di III grado pieno con un passaggio che impegna quasi sul IV (chiodo), tocca a Francesco che se la sbriga velocemente. Si è così arrivati sulla cengia mediana.
L’ ordine delle cose vuole che ci si sposti a sinistra, per poi imboccare un secondo canalino che impegna sul III abbondante ma appigliato, una piacevole arrampicata. Anche in questo caso tocca a Francesco che piazza anche un buon friend, talmente bene che rischia di rimanere lì. Finalmente approdiamo alla vista della cengia superiore, che in forte esposizione va attraversata. E’ pieno di chiodi e spit in posto, un passaggio però risulta vertiginoso, la roccia sbalza in fuori e quasi costringe al passo del gatto.
Ci troviamo così sulla comoda sosta, qui si può decidere se procedere sul soprastante spigolo Sud-Est lungo la via seguita da Cesaletti oppure seguire la cengia che abbraccia la montagna: optiamo per la seconda.
Procediamo su terreno facile ma esposto in un punto, quando sentiamo un boato che rimbomba rimbalzando da una croda all’ altra. Penso ad una frana, poi realizzo che si tratta di uno sparo dei cacciatori, che sicuramente quest’ oggi avranno trovato svariati bersagli cornuti.
Ricompattati, affrontiamo l’ ultimo caminetto che impegna più del previsto con un passaggio sul III grado pieno e deposita su un pulpito con sosta su masso (l’ unica di questo tipo di tutta la salita). Saliamo gli ultimi metri ancora in cordata seguendo l’evidente linea che si dispiega di fronte a noi e ci deposita sull’ ampia piattaforma che fa da cima alla nostra mitica torre. L’ entusiasmo è alle stelle, sappiamo di aver compiuto la metà di una grande impresa.
Il clima è mite, azzardiamo un “petto nudo” e ci crogioliamo al sole: quanto sarebbe bello rimanere quassù in eterno!! Invece dopo un’ oretta predisponiamo le corde ed inizia la lunga discesa nel forno a cielo aperto che è diventata la parete.
Scovati gli anelli di calata, una prima doppia ci deposita sulla cengia superiore, a due passi dalla sosta che seguiva, in salita, il traverso esposto. Poi ci caliamo in perfetta verticale sulla cengia mediana che seguiva il camino iniziale ed infine con una terza doppia ci portiamo alla base dello stesso. Qualche problema sotto di noi l’ hanno avuto una coppia d’oltralpe che non è riuscita a superare il camino, probabilmente a causa della stanchezza per avere affrontato la variante d’ accesso che risale direttamente gli spalti rocciosi dominanti la forcella Grande.
Voliamo a valle verso le birre con il cuore pieno e l’animo proiettato già all’ imminente inverno, avendo coronato un sogno, ripercorrendo una tappa fondamentale dell’ alpinismo.
Avventura durata l’ intera giornata, partiti alle 6 abbondanti del mattino e arrivati alla macchina alle 17:30 con svariate pause intermedie per goderci a pieno la giornata.

Note tecniche: soste presenti eccetto una da attrezzare sul masso, molti chiodi di passaggio presenti e anche svariati spit.

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Salendo in Forcella Grande sopra alle nuvole. A sinistra sbuca il gruppo del Bosconero.
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Alba sul gruppo del Sorapiss
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Sotto le pareti aggettanti.
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Come appare la torre da Nord. La traccia costeggia le pareti.
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Salendo al forcellino da cui parte la via normale.
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Francesco sul primo tiro, che poi è quello chiave.
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Francesco sul secondo camino-canale.
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In sosta ci si gira ed è spettacolo
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Poco prima di affrontare il traverso sulla cengia superiore.
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Sul traverso.
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Il passaggio di III grado prima di montare sul pulpito.
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Una vista dall’ alto su forcella Grande. Ben marcato è il sentiero CAI, la nostra traccia è la più bassa delle due che partono dalla forcella.
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In vetta!
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Lungo la prima delle 3 corde doppie.
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La seconda doppia.
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Ed infine la terza doppia.
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Meritata sosta al Rifugio San Marco quando il sole ormai sta calando.

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