Monte Duranno 2668m – la Prima dei Salvadis

Relazione di Jacopo Verardo; foto di Jacopo Verardo, Matteo De Piccoli e Claudio Betetto.

Premessa

Per innaugurare questo nostro nuovo blog, mi sembra giusto raccontare la nostra prima Salita. Una salita con la S maiuscola. Pur non trattandosi della prima volta in cui andavamo in montagna assieme, con questa ascensione è nato un qualcosa di magico e di importante, ovvero la consapevolezza che tra di noi vi sia una comune visione della montagna e dell’alpinismo. Questo aspetto, apparentemente banale e sentimentale, è invece fondamentale per vivere al meglio un’uscita in montagna! Per realizzare tutto ciò però serviva una cima importante e colossale, con una via normale impegnativa; la scelta ricade sul grandioso Duranno, il “cervino (o il re)” delle Dolomiti d’Oltrepiave. Appena si sopraggiunge a Porto Pinedo lungo la strada della Valcellina il suo profilo è inconfondibile e fulminante, mentre appare più tondo dal Cadore ma altrettanto caratteristico grazie a quel suo Naso. Luca Visentini, nella sua guida (per noi una bibbia), a suo riguardo scrisse: “Inconfondibile tra i colossi dolomitici per esuberanza propria e libertà nel cielo tanto duetta colla Cima dei Preti, sconfessando definitivamente quella geografia da tavolo che ha sottovalutato il nostro formidabile raggruppamento quasi fosse prealpino.” L’attuale via normale, cosiddetta “via dei cacciatori ertani”, è stata salita nel 1891 da Sartor, Filippin e Martinelli, ed è stata considerata per anni la prima assoluta fino agli anni ’70, quando si scoprì che la prima salita risaliva al 1874, compiuta da Kelso e Siorpaes (per saperne di più su questo grandissimo pioniere clicca qui) dal versante nord e ripetuta per la prima volta da Mauro Corona, Italo Filippin, Gallo e Carrara nel 1978.

Duranno, Cima dei Frati e Cima dei Preti dal Monte Cuvil
Duranno, Cima dei Frati e Cima dei Preti dal Monte Cuvil.

Relazione

Estate 2014. Siamo ben allenati, e due di noi, sono freschi di corso roccia e di alpinismo col CAI. La data scelta è l’8 agosto. Due giorni prima partono i contatti e la compagnia è presto fatta: Francesco (il Pola), Claudio, Matteo (il Maestro) e il sottoscritto. Visto che sotto il profilo alpinistico siamo ancora alle primissime armi decidiamo di fare le cose con calma per evitare di incappare in sgradevoli inconvenienti, quindi il pomeriggio precedente la scalata saliamo a Erto e ci portiamo con le tende a dormire in un prato vicino a Casera Mela, ovvero dove finisce la strada transitabile in auto della Val Zemola. L’idea sarebbe ottima, se non fosse che subito dopo aver montato le tende inizia a piovigginare. Tanto meglio! La serata passa così tra chiacchere e sciocchezze rinchiusi nelle due tende. La mattina, dopo aver smontato l’accampamento, partiamo ben prima che sorga il sole e in un’oretta raggiungiamo il Rifugio Maniago (1730m), seguendo prima per qualche chilometro la “piacevole” strada sterrata, per poi montare sul sentiero CAI 374 fino al rifugio. Qui ancora non c’è segno di vita, tutti dormono, tranne lo storico gestore Antony che ci sorveglia dal boschetto limitrofo (lo sapremo solo quando vi faremo ritorno nel pomeriggio). Proseguiamo sul medesimo sentiero, attraversando prima le ultime boscaglie di mughi, poi la china erbosa e fianco della Gravina del Duranno e risaliamo infine le ripide ghiaie e qualche breve e banale roccetta per arrivare finalmente in Forcella Duranno 2217m (circa ore 1.15 dal rif.). Già da qui il panorama è strepitoso, sia sulla Cima dei Preti, sia sul gruppone del Pramaggiore, che sulle dolomiti bellunesi e ampezzane. La giornata è meravigliosa! Indossiamo imbrago, ferraglia e casco e teniamo le corde (due mezze da 60m e una singola da 80m) a portata di mano. Ripartiamo quindi, trascurando i segnavia e seguendo la traccia (segnalata da bolli rossi) che punta diretta al profilo del Duranno, da qui paurosamente imponente. Risaliamo la ripida spalla erbosa, alternata a qualche zona detritica, fino a raggiungere un landro, alla cui destra bisognerebbe salire un breve saltino sul I grado superiore completamente viscido, che noi evitiamo entrando e salendo in un lavatoio detritico poco più a destra. Il tratto successivo è molto variegato ed alterna brevi roccette a grossi detriti, passando a volte nel orrido versante ovest, sul quale si deve risalire un canalino ben appigliato sul II grado che porta a raggiungere la Cengia Alta del Duranno. Da qui la visuale è assolutamente grandiosa e il nostro morale vola alle stelle; galvanizzati, ma sempre con l’adeguata attenzione, proseguiamo lungo la cengia in versante ovest. Sempre larga e spettacolare, presenta solo due brevi restringimenti lunghi quanto un passo, sul I grado. I bolli in vernice proseguono lungo la Cengia Alta, mentre poco prima di entrare nel canalone che incide la parete ovest una vecchia e sbiadita freccia rossa indica la via normale. Saliamo, ancora slegati, un muretto di pochi metri sul II+ e obliquando verso sinistra arriviamo così alla prima sosta composta da due anelli cementati (tutte le soste presenti sono così). Proseguiamo sempre verso sinistra salendo un’altra trentina di metri sul I/I+, fino ad arrivare alla seconda sosta, posta su un pulpito, dal quale con un delicato traverso in leggera discesa entriamo nel canalone Sartor. Lungo questa breve cengia discendente incontriamo le più grosse difficoltà: un grosso masso completamente marcio e rotto in più parti vi si è seduto sopra e ostacola non poco il passaggio; fortunatamente Pola passandoci sopra ne scarica metà sicchè noi passiamo più comodamente. Entrati nel canalone e passata la scarica di adrenalina ci accorgiamo sia che il sole è scomparso dietro una nuvola che ci avvolgerà per tutto il giorno, sia che è ora di estrarre le corde; infatti dal centro del canalone ci si deve spostare a sinistra salendo un camino inizialmente di II° e per i metri finali di III°. Claudio estrae la corda e prepara una bella sosta su un masso incastrato alla fine del tratto di II°; parte Pola, che sembra averne più di tutti. A metà del passaggio di III mette giù delicatamente un friend che sembra tenere, ma che in realtà salta via poco dopo, arriva alla sosta e ci recupera uno ad uno visto che il passaggio è breve. Alla sosta componiamo le cordate e successivamente facciamo un altro breve tiro di II° fino alla relativa sosta; proseguiamo poi lesti all’interno del canalone che qui concede una breve tregua pianeggiante fino al camino-chiave di 45 metri. Pola e Claudio proseguono da primi di cordata, e di slancio superano il non facile camino, che nei primi metri si affronta sulla sinistra fino a raggiungere una sosta intermedia utile per rinviare, infilandolo poi nel centro e superando un primo difficile masso incastrato in opposizione oltre il quale c’è un chiodo con cordino, ed un secondo masso sempre in opposizione (questi due movimenti sono sul III°+) oltre il quale in breve si arriva alla comoda sosta. Qui tutti e quattro tiriamo un bel sospiro ben sapendo che il grosso è fatto. La successiva lunghezza di corda, che conduce nel Cadin Alto (colmo di ghiaie instabili), comprende un breve passaggio di II° e roccette marce di I°; si può sostare su due anelli intermedi. Dopodichè è fatta: zigzagando in breve si raggiunge la minuscola cima, separata dall’anticima da una forcelletta molto esposta e sottile di ghiaie instabili. La gioia è immensa! …nonostante non si veda nulla, tranne uno squarcio su Cima dei Preti. Tra di noi c’è chi si distende in cima, chi assicura lo zaino al masso di vetta (causa nefasti ricordi di reflex rotolanti…) e chi salta dalla gioia (pazzo!). Mangiamo un boccone, poi foto di vetta e firma del prezioso libro (nel quale si contano una quindicina di firme l’anno), posto in una cassettina a fianco della madonnina in pietra e alla targa infissa dall’ormai scomparso CAI di Erto in occasione dei 100 anni dalla prima salita.

Discesa. Scendiamo facendo quattro doppie: la prima dal primo anello dell’ultimo tiro; la seconda dalla sosta comoda dopo il canale-chiave; la terza nel primo tratto di III° incontrato in salita; l’ultima nei primi due tiri evitati in libera, che ci deposita su un nevaio posto sulla Cengia Alta. Da qui, visto il cielo tetro, scendiamo veloci in Forcella dove ci liberiamo di tutti gli attrezzi da roccia e scendiamo rapidi al Rif. Maniago per la meritata birrona, servitaci dal gestore che ci aveva visti passare la mattina. Dopo un’oretta di sosta e di birre e di discorsoni sull’alpinismo, scendiamo allegri e fieri di ciò che abbiamo compiuto, senza immaginare ancora cosa avremmo realizzato in quell’estate da lì in poi…

Note finali

Montagna importante con una via normale tosta e poco proteggibile nei punti chiave; friends e nuts sostanzialmente non sono utilizzabili. Più utili due mezze corde da 50m che una singola, in modo da unire più tiri in salita e più doppie in discesa dimezzando i tempi. Il dislivello totale è di 1550 metri circa; il tempo totale comprese le (brevi) soste è 10 ore.

Bibliografia: Luca Visentini, Dolomiti d’Oltrepiave.

8 agosto 2014.

Arrivo al Rifugio Maniago.
Arrivo al Rifugio Maniago.
Alba dal Rif. Maniago su Monti Borgà e Palazza.
Alba dal Rif. Maniago su Monti Borgà e Palazza.
Sulle roccette sotto Forcella Duranno.
Sulle roccette sotto Forcella Duranno.
Forcella Duranno 2217m.
Forcella Duranno 2217m.
Verso il gruppo del Pramaggiore.
Verso il gruppo del Pramaggiore.
Cima dei Preti.
Cima dei Preti.
Lungo la spalla erbosa dopo la Forcella.
Lungo la spalla erbosa dopo la Forcella.
Il canalino di II° che dà accesso alla Cengia Alta.
Il canalino di II° che dà accesso alla Cengia Alta.
Poco sotto la Cengia Alta.
Poco sotto la Cengia Alta.
Verso il gruppo Cavallo - Col Nudo.
Verso il gruppo Cavallo – Col Nudo.
Sul primo restringimento della Cengia Alta.
Sul primo restringimento della Cengia Alta.
Lungo la Cengia.
Lungo la Cengia.
Sul secondo restringimento della Cengia Alta.
Sul secondo restringimento della Cengia Alta.
Sulla cengia d'accesso al Canalone Sartor.
Sulla cengia d’accesso al Canalone Sartor.
Canalone Sartor (evidente in basso a sinistra il camino scuro di III°).
Canalone Sartor (evidente in basso a sinistra il camino scuro di III°).
Sul primo passaggio di III°.
Sul primo passaggio di III°.
All'imbocco del canale - chiave.
All’imbocco del canale – chiave.
Il secondo masso da superare in opposizione.
Il secondo masso da superare in opposizione.
All'uscita dal canale.
All’uscita dal canale.
Francesco sulla comoda sosta dopo il canale.
Francesco sulla comoda sosta dopo il canale.
Arrivo in cima!
Arrivo in cima!
In cima: madonnina in pietra, cassetta col libro di vetta e targa.
In cima: madonnina in pietra, cassetta col libro di vetta e targa.
Panoramica della cima.
Panoramica della cima.
Autoscatto in Cima al Duranno.
Autoscatto in Cima al Duranno.
Predisponendo la prima calata.
Predisponendo la prima calata.
Claudio in doppia entra nelle tenebre.
Claudio in doppia entra nelle tenebre.
Arrivo alla sosta comoda prima del canale - chiave.
Arrivo alla sosta comoda prima del canale – chiave.
Rientrando lungo la Cengia Alta.
Rientrando lungo la Cengia Alta.
Raponzolo di roccia.
Raponzolo di roccia.

2 Risposte a “Monte Duranno 2668m – la Prima dei Salvadis”

  1. Concordo sulla bellezza di monte Duranno .Ho realizzato l’ascensione il giorno 06 Luglio 2016 con la guida Francesco di Val di Zoldo. Bella,tecnica,con vedute aperte ed affascinanti.Ricordo con simpatia il rifugista Toni e famiglia.Bello il vostro servizio fotografico.Ciao Mauro

  2. Grazie Mauro! Complimenti per la salita, il Duranno è sempre un gran colosso che resta indelebile tra i ricordi 🙂
    Ciao!

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