Monte Albergian 3041 m – Condizioni invernali

Relazione di Matteo De Piccoli.
Foto di Fulvio Pegoraro, Alberto Ghinizzini, Matteo De Piccoli.

Introduzione

Andare in montagna in inverno. Un progetto che da tempo non ci si riesce a togliere dalla mente. Già durante i giri fatti quest’estate con quelli del Landre si parlava di “invernali”, in particolare di un tentativo al Pramaggiore, poi reso improbabile per le pessime condizioni del manto nevoso nel periodo natalizio. Ma come tornare a casa senza aver nemmeno tentato una salita in preparazione ai programmi che avevamo fatto?
Dopo un tentativo finito male sopra il rif. Selleries (2023 mslm) qualche settimana prima (l’idea era di arrivare in punta alla Cristalliera, nel Parco Naturale dell’Orsiera Rocciavrè), ci riproviamo e la meta è più ambiziosa: il Monte Albergian. La cima con i suoi 3041 m domina la Val Chisone ed è situata sopra la località turistica di Pragelato. In estiva tale itinerario è pienamente escursionistico, ma sapevamo del tratto finale in pendenza che con la neve immaginavamo ci avrebbe riservato qualche sorpresa.

Descrizione della salita

Si comincia a camminare la mattina alle 6.15 partendo dagli impianti sciistici di Pragelato (1518m), il gruppo è composto da Fulvio (compagno di studi friulano), Alberto (conosciuto sul ghiacciaio del Rocciamelone) e Umberto (che aveva già salito l’Albergian in estiva). Imboccato il sentiero giungiamo in fretta alla Malga dove
l’innevamento comincia a farsi consistente; da qui comincia il giro vero e proprio: si deve infatti risalire i pendii innevati puntando all cresta e cercando di mantenere la traccia estiva quanto più possibile. Fortunatamente le temperature si mantengono rigide, sappiamo che nei giorni precedenti ha soffiato un forte vento in quota, ma il versante che saliamo ne è riparato; decidiamo quindi di proseguire.
Sui 2500 metri di quota invece di prendere la spalla che porta direttamente all’attacco della cresta risaliamo il catino per giungere allo stesso punto, tagliando leggermente e mantenendo un’andatura sostenuta: vogliamo giungere in cresta il prima possibile. C’è molta neve (farinosa) e anche con le ciaspole si sprofonda molto,  battere traccia e salire costa molta fatica; non ci sono infatti tracce precedenti nonostante sia passata quasi una settimana dall’ultima nevicata.
Finalmente sbuchiamo in cresta e lo spettacolo è incredibile: il panorama è meraviglioso dalle marittime al Delfinato, si distinguono tutte le cime della val di Susa e lo Chaberton svetta imponente. La cresta è sufficientemente larga da poterci camminare senza problemi, ma è necessario porre atttenzione a eventuali distacchi: qui in effetti il lavoro del vento è evidente ed è necessario porre attenzione; si distingue la cima e la rampa finale che sembra abbastanza in piedi, anche da lontano. Percorrendo la cresta la neve diventa sempre più dura e la pendenza aumenta poco ma costantemente, fino a un cambio improvviso. Qui ramponi e piccozza sono necessari: la neve è molto dura e mista a ghiaccio, siamo infatti giunti alla tanto sospirata “rampa finale”. Si supera senza grossi problemi e giungiamo vicinissimi alla croce di vetta, ma un ultimo ostacolo ci separa dalla cima: una grossa pietra è posta esattamente in mezzo al passaggio, e non è aggirabile in quanto su entrambi i lati le pareti precipitano a picco. Dopo qualche istante di disappunto e incertezza superiamo anche quest’ultimo ostacolo a gattoni, tecnica non molto ortodossa ma efficace.
Finalmente la cima! La vista a 360° è davvero appagante, e la neve tutto intorno rende tutto più distante, ovattato. La felicità è grande, la tensione accumulata tutto il giorno si scioglie, è il primo tremila in condizioni invernali per tutti noi e il carico emotivo è davvero forte, fino a qualche giorno prima sembrava un sogno!
La discesa si svolge per l’itinerario di salita, preferendo scendere dalla spalla piuttosto che dal catino, scelta che si rivelerà azzeccata. La neve, più dura in questo tratto, permette di scendere con scarponi e picca senza dover reindossare le ciaspole che rimarrano nello zaino.
Giungiamo alla macchina alle 17.15, appena prima che il sole tramonti, stanchi morti, infreddoliti dal vento che ha soffiato tutto il giorno e dalle temperature rigide, mantenutesi tra i -5 e i -10° tutto il giorno.

Note finali

Avvicinamento piuttosto lungo, gita di tutto rispetto. In estate da Pragelato con un buon passo in 6-7 ore si compie lo stesso itinerario, nelle condizioni incontrate e senza pause ce ne vogliono 10-11. Il dislivello è considerevole, più di 1500 metri; considerando la quota e la fatica dovuta alla neve si intuisce la necessità di un buon allenamento. La cresta e la rampa prima della vetta donano a questa salita una marcia in più rendendola attraente anche a livello alpinistico.

Salita del 12 dicembre 2014.

 

L'albergian e tutta la sua cresta
L’albergian e tutta la sua cresta
Verso la cresta
Verso la cresta
Risalendo la conca
Risalendo la conca
Il Thabor (3178m) spunta dalle nuvole
Lo Chaberton (3131 m) spunta dalle nuvole
Paesaggi lunari
Paesaggi lunari
La cresta terminale e la vetta, finalmente!!
La cresta terminale e la vetta, finalmente!!
Lungo la cresta, il tratto da percorrere...
Lungo la cresta, il tratto da percorrere…
...e quello percorso
…e quello percorso
Gli ultimi passi della salita
Gli ultimi passi della salita
Finalmente in cima!
Finalmente in cima!
Panorama dalla vetta guardando a Sud
Panorama dalla vetta guardando a Sud
La parete Nord del Monviso domina lo stupendo panorama
La parete Nord del Monviso domina lo stupendo panorama
Guardando a Nord, Val Chisone e in secondo piano le cime della Val Susa
Guardando a Nord, Val Chisone e in secondo piano le cime della Val Susa
Scendendo dalla vetta, Alberto scende a gattoni dal masso
Scendendo dalla vetta, Alberto alle prese col masso

 

Scendendo la rampa terminale
Scendendo la rampa terminale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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