Cima dei Vieres, Punta Susana, Cima Spalavier, Punta del Borsàt – Traversata integrale Val Settimana -> Val Cimoliana

Un viaggio lunghissimo nelle più belle Dolomiti Clautane.

“Fra le maggiori montagne di tutto l’Oltrepiave, eleva la vetta forse più lontana e avventurosa.” Luca Visentini

Turlon, Punta del Borsàt, Cima Spalavier, Punta Susana, Cima dei Vieres e Cima Vacalizza. Dalla Casera Laghet de Sora.
Cima dei Vieres, Punta Susana, Cima Spalavier, Punta del Borsàt e Spia dei Camosci. Da El Pieròn in Val Piovin.

Relazione e foto di Jacopo Verardo.

Uscita di Claudio Betetto e Jacopo Verardo.

Premessa

Da anni sognavamo di salirci, sia io che Claudio, ma non è mai stato facile decidere di prendere e andare. Mai come questa volta. Evidentemente ogni montagna e ogni avventura ha il suo esclusivo momento e a volte aspettando o quasi dimenticando certi progetti, il momento diventa propizio. Del resto non stiamo parlando di salire una cima qualsiasi oppure una via d’arrampicata qualsiasi. Siamo davanti ad una delle cime più lunghe, remote e incasinate da salire delle Dolomiti Friulane. Non è una scelta che si può prendere a cuor leggero. Ma questa volta la voglia di selvatico è tanta, così Claudio lancia l’idea Vieres ed è così che io gli propongo un’attraversata. Il materiale bibliografico in nostro possesso non è male e soprattutto è ben assortito, così con mestiere da sarto cuciamo assieme il nostro progetto nato dalla semplice voglia di attraversare, di girare e osservare con maggiore respiro possibile queste montagne affascinanti. Del resto quando si hanno in mano certe “bibbie” dell’escursionismo e certe enciclopedie, basta avere un pizzico di fantasia e si può sognare tutto! Fortunatamente c’è chi, con grande spirito divulgativo, ha passato anni ad esplorare queste severe montagne e ne ha tramandato le conoscenze. Su tutti Giuseppe Salice che fece in modo di pubblicare su Dolomiti Orientali vol II dei Berti il suo ottimo materiale, e in anni recenti Roberta Obersnel, Lucio Nardini con Pietro Sommavilla hanno pubblicato la preziosissima monografia Dolomiti Clautane. Una di quelle “bibbie” da custodire gelosamente.

Introduzione

L’idea è quella di attraversare trasversalmente il gruppetto di Cima dei Vieres, salendo anche le cime di cresta. Così progettiamo di seguire la Via Normale ai Vieres, per poi prendere la cresta di Punta Susanna e Cima Spalavier, e infine salire Punta del Borsat e scendere per la sua Normale in Val Cimoliana.

Tutto il Nodo della Vacalizza è particolarmente poco frequentato dagli escursionisti e sgradevolmente snobbato da oltre 30 anni dagli alpinisti. Pochi sono quelli che si interessano di salirvi o di esplorare. Qualcuno addirittura lo fa d’inverno e con gli sci! Ma stiamo parlando di pochi esemplari forse in via d’estinzione. Meglio così.

Trattasi di montagne aspre, solcate da profondissimi torrenti verticali, a volte larghi, a volte stretti 2 metri, rinserrati tra pareti dolomitiche da togliere il fiato. Molte bancate e cengie le attraversano con numerosi passaggi di ungulati o storici percorsi di cacciatori e boscaioli. Là dentro le poche attività umane erano legate solo a queste ultime due necessità: caccia e taglio del pino mugo. Per il resto non c’era molto altro da prelevare. Ed è per questo che da oltre 50 anni là dentro regna la Natura selvaggia, potente e a volte spietata, ed è per questo che noi volevamo andarci!

Turlon e gruppo dei Vieres dalla Pala Anziana.
Vieres e Vacalizza dalla Casera Laghet de Sora.
Punta del Borsàt, Spalavier – Susana, Cima dei Vieres e Cima Vacalizza.

Cima dei Vieres 2310mVia Normale

Dopo aver portato una macchina in Val Cimoliana, entriamo in Val Settimana per circa 3 km fino all’altezza degli Stai de Sora (660m). Piazziamo la tenda a bordo strada e passiamo la fresca serata a raccontarci come al solito storie di vita e di montagna con le stelle che stanno a sentirci.

Partiamo la mattina presto con il buio, attraversiamo l’impetuoso Torrente Settimana su una trave squadrata completamente fradicia. Per non cadere la passiamo a cavalcioni e la prima difficoltà della giornata è andata! Dietro le stalle (bellissime e ben tenute) attraversiamo il prato sulla destra e seguiamo la traccia che ci porta su un ghiaione ormai completamente coperto dalla vegetazione; dopo poco si deve stare in alto a sinistra ad un bivio e non continuare ad attraversare il ghiaione in orizzontale. La traccia è ora ripida e ben pulita dalla vegetazione, finché si raggiunge un poggio col bosco rado e un cavalletto di una vecchia teleferica. E’ buio e fatichiamo a trovare la traccia che si perde nell’erba. Basta proseguire alle spalle del cavalletto e la si ritrova. Ora sale ripida a tornanti in un boscaccio di pini silvestri e arbusti. Ma è buio e non ci curiamo tanto dell’estetica selvicolturale.

Stiamo salendo al Col de la Question dopo anni che ne sentivamo parlare. Ci basta questo. Che poi, chissà qual è la “question”? Cos’è successo lassù? Forse una controversia tra cacciatori o tra boscaioli?

A un bivio teniamo la destra e risaliamo ulteriormente fino a un tratto meno ripido e più aperto. L’alba ci coglie alle spalle e il sole sorge dietro il Cimon delle Tempie. Sempre ripidamente si segue la traccia sempre ben tagliata nella vegetazione fino ad entrare in un canale boscoso sempre più stretto che sale ad un intaglio (Al Bus 1220m). In breve siamo sulla dorsale del Col de la Question e salendo leggermente verso le impressionanti pareti giungiamo al canale ghiaioso che ci porta nel cuore del Ciol de Susana. Che posto è questo! Nascosto a chi passa in fondo alla valle, è uno spartiacque prativo pianeggiante sospeso tra due imbuti profondissimi, il Ciol de la Question e il Ciol de Susana. Dopo tanto chiacchierare ci fermiamo un attimo a bocca aperta ad osservare il mistero che ci circonda. Siamo sul corridoio d’accesso al mondo dei Vieres, è tempo di aprire la porta!

Giù per il canale fin dentro le budella del Ciol de Susana, iniziamo poi a risalirlo con divertente ginnastica tra massi. Le pareti laterali sono alte e strapiombanti e scende acqua da tutte le parti. Del resto ha piovuto per molti giorni di fila e siamo nel centro di un torrente… Poi il Ciol si allarga brevemente nel punto di confluenza della Prima Cengia dei Vieres (destra orografica) e della cengia del Bosch de Ciocio de Sot (sinistra orogr.), per poi restringersi definitivamente. Subito si trova un saltino di II grado. Qualche I grado divertente e poi si arriva al passaggio chiave del Ciol: due enormi massi con cascatella centrale bloccano il passaggio. Volendo si passa sulla sinistra per 4 m di III (cordini e maglia rapida per calata) coperto di muschio che noi troviamo fradicio, oppure sulla destra per 5 m di III friabile, fradicio anch’esso, ma senza muschio. Io ne esco goffamente lavato dalla cintola in giù per aver fatto la doccia sotto un getto d’acqua. Ma ben presto anche Claudio fa il bagno… Il canale si stringe fino a 2 m di larghezza e si trova qualche breve II grado dentro cascatelle d’acqua. Canyoning in salita! Poi un’alta cascata blocca il passaggio e si deve salire a zig zag le esposte e friabili rocce di destra uscendo per cengetta detritica (sosta per calata su 2 chiodi, cordoni e moschettone). Da qui il canale diventa più asciutto e troviamo ancora qualche breve passaggio massimo di II grado fino ad allargarsi nel punto dove confluisce la Seconda Cengia dei Vieres. Proseguendo oltre incontriamo anche il Sole che inizia pian piano ad asciugarci. Ancora qualche paretina di rocce friabili (ometti) e incontriamo (destra orogr.) le bancate baranciose da risalire (Pascoi dei Perons Bass). Seguendo gli ometti e con un po’ d’intuito proseguiamo senza tanti problemi tra rampe erbose e macchie di mughi puntando ad un torrioncino roccioso caratteristico. L’importante è tenersi sempre all’esterno delle bastionate rocciose presenti a destra (Nord), fino ad una crestina di roccette e a un successivo canalino roccioso (I grado) che porta alla base dei bellissimi Pascoi dei Perons Alz. Li si risale ripidamente con il cuore che batte forte per la bellezza mozzafiato di questo posto ancestrale fino a giungere alla spalla sabbiosa che si affaccia sul Ciol de Giaeda. Qui esce la Terza Cengia dei Vieres.

L’emozione e l’aria fresca ci colpiscono in faccia. Il viaggio è ancora lungo, ma già essere in quello che da anni sappiamo come uno dei posti più mitizzati di questa cima ci carica. Una freccia in sassi posta a terra indica la direzione, peraltro scontata. Risalite delle roccette di I grado si attraversano delle lastronate solcate da rigole molto estetiche fino ad uno spigolo verticale. Numerosi ometti porterebbero a salire un canale che si stringe in passaggi duri per poi uscire a sinistra su una micro-cengia. Meglio scendere prima dello spigolo lungo la bancata ghiaiosa di destra (Nord – Est) per duecento metri fino a che la parete soprastante non diventa arrampicabile sul II grado. Si sale e verso destra e voltato uno spigolo si entra in un canalino con 3 m di III grado friabile (dopo 5 m dall’uscita del passaggio c’è una fettuccia di calata su micro-clessidra). Ora si è sui prati sotto la cima e l’entusiasmo è l’unica energia rimasta. Ripidamente si punta a sinistra ad un intaglio di cresta, qualche roccetta, poi un’esile cresta finale di I grado o poco più e si è finalmente sulla rotonda cima! Che emozione e che salita infinita! Abbiamo impiegato 6 ore per arrivare sui Vieres. Raramente ho camminato così tanto per raggiungere una cima, ma il tempo è volato. La salita è quanto mai varia e spettacolare in quasi tutte le sue parti. Il panorama poi è stupendo, ma velocemente salgono delle nuvole inaspettate che chiudono un poco la visuale. Poco male, va bene così. Questa montagna ci ha già regalato tanto e siamo a neanche metà del viaggio. Firmato il libretto di vetta contenente le solite, note firme, ripartiamo dato che il tempo scarseggia.

Attraversando il Torrente Settimana sulla trave dei Stai de Sora.
Alba in Settimana dal Col de la Question.
I contrafforti del Bosch de Ciocio de Sot.
Il corridoio d’ingresso al mondo di Cima dei Vieres.
Il canale d’accesso al Ciol de Susana.
Ciol de Susana.
Il primo passaggio di II grado.
Il Ciol de Susana si stringe dopo la congiunzione con la Prima Cengia dei Vieres.
Il passaggio chiave del Ciol: due massi con cascatella e 4 m di III grado sulla parete muschiosa di sinistra.
Canyoning in salita!
Sulla parete di II grado a zig zag che evita una cascata insuperabile.
Ambiente suggestivo.
Ultimo salto di II nel Ciol con uscita dal foro.
Fossili.
In uscita dal Ciol de Susana sui Pascoi dei Perons Bass
Le pareti di Punta del Borsàt.
Salendo i Pascoi dei Perons Alz.
Pascoi dei Perons Alz.
Il primo dei due ultimi contrafforti da superare, dalla spalla che da sul Ciol de Giaeda.
La lunga cresta del Borsàt, il Turlon e il Pale Candele.
Val Settimana dai Pascoi dei Perons Alz.
Anticima e Cima Vacalizza, e Cima di Giaeda.
Lastronate solcate da rigole.
L’ultimo canalino con l’ultimo passaggio di III e la fettuccia per l’eventuale calata…
Ultimi prati sotto la cima.
Cresta finale.
La Vacalizza dalla Cima dei Vieres.
Duranno.
Duranno e Cima dei Preti.
Laggiù le Tre Cime di Lavaredo.
Il Campanile più bello del mondo.
Punta Susana, Cima Spalavier e Borsàt. Poi Turlon e Pale Candele.
Salvadis sui Vieres.

Punta Susana 2292m e Cima Spalavier 2279m

Scendiamo da Cima dei Vieres fin sui prati sotto la cima (sopra l’ultimo camino con il passaggio di III), qui infiliamo la grande bancata che discende prativa e giaiosa verso Punta Susana che solo infine si chiude in facile bancata rocciosa per qualche metro e deposita nel canale di Forcella dei Vieres. Senza raggiungere l’intaglio, saliamo per l’ampio versante Sud di Punta Susana, per detriti e qualche facile roccetta. Meglio anticipare l’anticima in versante Settimana e risalire infine la cima principale. Siamo nella nebbia. Vediamo solo l’ometto di vetta e la nostra stanchezza che avanza. Peccato, ci sarebbe piaciuto vedere i Vieres da qui. Scendiamo facilmente verso Nord fino al mitico doppio intaglio di cresta del Tac de Tunin, completamente coperto dai mughi. Ci aspettavamo chissà che luogo misterioso e particolare e invece è un qualsiasi divallamento di cresta coperto da fitti mughi. Chissà poi chi era Tunin? Domande senza risposta. Nebbia senza via di scampo.

Dall’intaglio settentrionale del Tac andiamo in versante Val Cimoliana e risaliamo la rotta cresta di Cima Spalavier (facile, ma occhio alla roccia marcissima!). Anche qui solo l’ometto di vetta ad aspettarci e un piatta cresta che dà sul Borsat.

Ci sediamo qualche minuto e dopo un attimo di silenzio la riflessione che ci ronza nella testa e che Claudio ha il coraggio di dire è: “Dove diavolo siamo? Siamo su Cima Spalavier, ti rendi conto? Nel nulla più totale, in mezzo ad una cresta solitaria nel mezzo di montagne solitarie”. Il grande sorriso che si è stampato poi sulle nostre facce è stata la risposta a quella riflessione. La suggestione che un luogo del genere, con la nebbia che oscura il lato Settimana e rende ancor più pauroso il tormentato lato Cimoliana, può creare nell’animo di chi si guadagna faticosamente quel posto, una profonda crepa da cui emerge un sorriso, che è la felicità di essere nel nulla, di “perdersi” per guadagnarsi infine un luogo “sicuro” e ritrovarsi, magari diversi. Non l’ambizione di una cima o di un eventuale primato, non la volontà di mettere in mostra qualcosa, non la competizione, quello che conta è il viaggio che sta in mezzo, in cui si mette in gioco prima di tutto sé stessi davanti alle proprie difficoltà e alle proprie insicurezze. Là sopra ci sentivamo vivi e sereni.

La bancata sotto Cima dei Vieres che porta nel canale di Forcella dei Vieres.
Cima dei Vieres.
Punta Susana.
Tac de Tunin.
Cima Spalavier.

Punta del Borsàt 2220m

Tornati al Tac de Tunin, scendiamo per l’ampio versante prativo in lato Settimana che ha la forma di uno svasato canale, finché sulla sinistra (Nord) si incontra una bancata erbosa piuttosto inclinata che poi diviene anche ripida. Si giunge nei pressi di uno spigoletto roccioso (ometto) e ci si accosta alle rocce di Cima Spalavier passando sopra delle rotte e umide placconate (stillicidio) coperte di ghiaino fino ad entrare facilmente nuovamente nel Ciol de Susana. Complice la nebbia e l’occlusione del canale, il Forzel Tramontin che dobbiamo raggiungere lì in alto sopra di noi, appare spettrale e irraggiungibile. In effetti è un bel postaccio! Ghiaie marce da risalire e due bei saltini di II grado e si guadagna l’intaglio, passandovi uno alla volta da quanto è stretto! Scendiamo ora una ventina di metri in versante Cimoliana per poi salire a destra un marcato canale di rocce marce che porta in cima ad un gendarme che bipartisce la testata del Ciol de Susana. Una fastiodiosa cengetta gira l’angolo verso Nord e porta ad un forcellino di ghiaie che tende a crollare sotto i piedi. Da qui un’esposta cengetta detritica ci fa voltare l’angolo in versante Cimoliana. Ora la salita diviene più libera e inizia con 3 metri di II molto esposti. Poi seguendo l’istinto si salgono rocce articolate di I e II fino in cima al Borsat dove si trova un grosso ometto di vetta (il libro non c’è più).

Il panorama è coperto dalle nuvole in cui siamo immersi da tempo. I nostri volti iniziano a essere segnati dalla fatica, ma siamo contenti perché il grosso è andato e ci stiamo divertendo, ma un alone oscuro resta nell’animo: dobbiamo scendere dal Borsàt per un versante che non conosciamo e, dato che vogliamo evitare la famosa placca della Normale, abbiamo relazioni scarne.

Dopo il solito autoscatto partiamo seguendo per qualche metro la dorsale della cima, fino a trovare sulla sinistra (Nord) un profondo canalino terroso da scendere a balzi, questo porta in parete nord sotto il filo di cresta da cui siamo scesi. Ora si segue verso destra tutta la ripida bancata orizzontale di roccette e ghiaie (rari ometti), fino a riportarsi appena sotto il filo di cresta su cui si vedono gli ometti della Normale vera e propria. Si scende ora in modo più deciso e ci si porta sui primi lembi di prato, appena sopra una sorta di forcella da cui si vede un piccolo gendarme, una più grossa elevazione di cresta a forma di lama e, dietro, la Spia dei Camosci. Da questo intaglio verde è meglio scendere a sinistra nell’ampio vallone prativo fino ad incontrare delle lisce placche che scendono parallele alla nostra direzione, da attraversare nel punto che più ci pare comodo. Si scende puntando alla base della Spia e seguendo le ultime dorsali erbose che terminano con qualche chiazza di mughi ci si avvicina sempre più alla base della Spia. Si segue una bancata rocciosa che poi diviene cengia, fin sotto la Spia (ometto in una nicchia); ora si volta uno spigolo e dopo aver sceso una paretina di II grado, si deve imboccare un canale-cengia abbastanza esposto (I+), discendente da destra a sinistra e nascosto a chi arriva dall’alto, il quale finalmente ci deposita sulle ghiaie basali. Che bello rimettere i piedi per terra! Questo tratto è poco intuitivo, ci sono pochissimi ometti ed è necessario sapersi orientare bene per non finire su salti improponibili.

Sulle ghiaie ora corriamo in diagonale verso destra puntando ai larici sopra il Ciol Tramontin che infiliamo ben presto. A questo punto non c’è più molto da dire. Il Ciol è molto selvaggio, c’è qualche breve tratto di traccia a lato in modo da evitare i tratti più fastidiosi, ma soprattutto distrugge le gambe con una diabolica ginnastica tra massi. Incontriamo anche il “famoso” serbatoio d’aereo sganciato, a quanto pare, durante la Seconda Guerra…sembra una lamiera qualsiasi…delusione!

Solo verso la fine del torrente, prima di arrivare sull’ex sentiero CAI della Val Pezzeda, c’è qualche I grado obbligatorio. Per il resto con un po’ d’intuito si evitano tutti i salti tra i massi. Dalla confluenza col Pezzeda in 10 minuti siamo sulla strada della Val Cimoliana. Stanchi ma felicissimi! Le birre in macchina ci aspettano fresche e quanto mai agognate.

La bancata prativa che porta nel canale del Forzel Tramontin.
L’uscita della bancata sotto lo stillicidio d’acqua.
Il canale e il Forzel Tramontin…la porta degli inferi.
Il passaggio di II esposto per salire sul Borsàt.
Salvadis su Punta del Borsàt.
I gendarmi prima della Spia dei Camosci.
Sui prati verso la Spia.
Sotto la spettacolare Spia dei Camosci.
Sull’articola parete che dalla base della Spia porta ai ghiaioni basali.
Entrando nel Sciol Tramontin. La Spia ci osserverà fino in Val Pezzeda.
Il turrito Turlon.
Sciol Tramontin.

Note conclusive

È, questa, un’attraversata di grandissimo respiro, che lascia l’animo dell’amante del selvatico pieno di sensazioni e visioni indimenticabili. L’ambiente è totalmente integro e solo gli ometti guidano la salita. La Normale ai Vieres merita assolutamente di essere percorsa, per la bellezza dei Pascoi dei Perons e per la suggestione del Ciol de Susana, oltre che per l’incredibile viaggio che racchiude. Punta Susana e Cima Spalavier non regalano grosse emozioni, ma danno il senso di completezza all’idea di base, mentre la salita al Borsàt è già più divertente, così come la discesa da noi scelta è varia e impegna psicologicamente per la costante ricerca dei giusti passaggi (a meno che non la si abbia fatta anche in salita, ovviamente).

Passando alle note tecniche non c’è molto più da dire. L’intero percorso è fisicamente provante. Serve essere ben allenati, vista anche la lunghezza e le mai cessate difficoltà su roccia che al massimo hanno raggiunto il III grado, ma su un terreno mai banale, come del resto è sempre in Oltrepiave. Nel caso avesse piovuto notevolmente nei giorni precedenti, il Ciol de Susana può diventare un problema, perché si trovano tutti i passaggi d’arrampicata completamente bagnati o sommersi da getti d’acqua. Noi avevamo una mezza corda da 60 m e qualche ferro “che non si sa mai”. E’ rimasto tutto nello zaino. Ma nel caso si volesse scendere per la Normale dei Vieres è necessaria una corda da almeno 30 m per le doppie nel Ciol de Susana (soste già allestite).

È indispensabile una capacità d’orientamento superiore alla media!

Per l’attraversata: 2000m di dislivello circa, 13 ore (tempo del tutto soggettivo in questo tipo di percorsi).

11 Risposte a “Cima dei Vieres, Punta Susana, Cima Spalavier, Punta del Borsàt – Traversata integrale Val Settimana -> Val Cimoliana”

  1. Da fanatico delle clautane aspettavo questo vostro report (avendolo già sbirciato in altra diciamo meno “prestigiosa” sede…) per essere il primo a complimentarsi! Immagini impressionanti e relazione efficace e pertinente hanno ben ripagato l’attesa… Conoscendo un poco quei luoghi, salire per il Ciol de Susana in questo settembre piovosissimo è stata proprio una roba.. da salvadis!
    Ulteriore nota di merito, vedo che sopra alla Terza Cengia sotto l’ultimo contrafforte non avete seguito gli ometti che portano a sx (vi sembrava difficile??) ma siete saliti per il percorso originario di Patera e Giordani che, in realtà, è ben più impegnativo.
    Noto che non avete enfatizzato le difficoltà del traverso in cengia (bagnata) sotto Cima Spalavier per entrare nel Ciol de Susana, mentre nel “Libro delle Cenge” si parla addirittura di un pass. di III+… bravi voi o il passaggio non è obbligato?
    Infine, giusto per non farsi mancare niente, la discesa dalla P.ta del Borsat nella nebbia e senza conoscere il percorso..
    Bravi e continuate così

  2. Ciao Orma! Intanto grazie mille, ci lusinghi!
    Allora:
    sotto all’ultimo contrafforte ci pareva che quegli ometti depistassero e ci siamo resi conto che la relazione in nostro possesso parlava di un’altra salita, ovvero quella di Patera originale;)
    Poi per quanto riguarda la cengia fraida…semplicemente ci siamo tenuti più bassi e non l’abbiamo percorsa:)
    Sei passato anche tu per di là?

    Che posti remoti…da brividi. Per non parlare dei toponimi: Col de la Question, Tac de Tunin…chissà a cosa si riferiscono! Storie perse nel passato

  3. Gli ometti sotto l’ultimo contrafforte istradano lungo la nuova “normale” che in realtà ha difficoltà che non arrivano al II… talora un po’ delicato.
    No, non ho percorso la “cengia fraida”, chiedevo in vista di un possibile anello (forse superiore alle mie capacità) dalla Busa dei Vieres per la III Cengia (vedi Sommavilla…) e discesa per P.ta Compol.
    I toponimi delle clautane sono spesso in effetti molto evocativi e ci dicono di un passato di maggiore simbiosi tra uomo e natura, irrimediabilmente perso nel nostro attuale approccio mordi e fuggi..
    Mandi!

  4. Noi siamo saliti fino a percorrere un tratto della cengia di sinistra, poi, voltato uno spigolo, non capivamo dove potesse salire. Sapendo di essere fuori dalla Normale di Patera, siamo scesi e abbiamo seguito quella.
    Da Cima Spalavier invece di seguire il percorso d Mason, illogico e più difficile, abbiamo seguito le indicazioni del Berti riportate anche in “Dolomiti Clautane”. Siamo ritornati al Tac de Tunin, da qui siamo scesi per un ripido canale erboso molto apero, finchè dopo 100/150 m di dislivello, si incontra sulla sinistra una bancata erbosa che costeggia le rocce della Spalavier. Questa bancata esce senza difficoltà particolari nel Ciol de Susana che va risalito fino in Forzel Tramontin. Ad un certo punto risalendolo abbiamo incrociato l’uscita di Mason: si tratta di tre metri di traverso esposto, con un salto finale in discesa di due/tre metri di III+ (marcissimo) per entrare nel Ciol de Susana. Non ha senso passare di lì 🙂
    Mandi!

  5. ciao Jacopo !!sono david, il fiorentino che hai incontrato alla casera Pramaggiore…bellissimo giro!!!! e complimenti per il blog!!!fatto bene ,esaustivo,appassionante…..continuerò sicuramente a seguirvi…almeno virtualmente!!
    ps.scusami se sono off topic ma non avendo feisbuc….
    ringrazia eugenio per la diritta,il monte raut è stata una girata da menzione….anche se solo per la normale!!!mi potresti mandare la tua mail??casomai avessi qualcosa da chiedere…..stammi bene in ogni caso e salutami pure il filosofo e gli altri!!!

  6. Ciao David!!
    Mi fa piacere che il blog ti piaccia e ti ringrazio dei complimenti! Riferirò a Eugenio il ringraziamento 😉
    La mail è [email protected]
    Stammi bene anche tu e magari teniamoci in contatto per quando farai un salto in Dolomiti Friulane.
    Ciao!

    -Jacopo V.

  7. Sono rimasto profondamente colpito da questa vostra uscita e si che di vostre relazioni ne ho lette assai. Questi luoghi hanno una solitudine assoluta che mi attirano come una calamita, volevo chiedervi, l’itinerario inizia dalla cima del Col della Question ma poi dove ci si orienta per arrivare al Ciol della Susanna e quindi in Forcella?

  8. Ciao!
    Per prima cosa la cima del Col de la Question non viene propriamente salita. Dal punto in cui si esce dal bosco, sulla dorsale tra il Col de la Question e le pareti gialle, l’orientamente è abbastanza immediato. Si puntano le pareti gialle che si hanno davanti e si risale una dorsale prativa, per poi tagliare in costa ed individuare ben presto un largo canale ghiaioso che scende molto facilmente nel Ciol de Susana. Il Ciol va risalito con molta cautela e ci sono vari salti da superare per nulla banali! Poi se si vuole arrivare al Forzel Tramontin lo si risale integralmente, se invece si vuole salire sui Vieres, si deve abbandonare il Ciol e seguire la Via Normale.

    -Jacopo

  9. Ciao ragazzi! Mi sono imbattuto in questo blog per puro caso cercando sentieri e vie non convenzionali diciamo per raggiungere cime come queste di cui avete parlato che nelle nostre dolomiti non sono minimamente sfiorate da sentieri classici. Intanto vi faccio i complimenti non solo per l impresa ma anche per il bel racconto finale.
    Volevo chiedervi se sapete consigliarmi altri testi che parlino delle dolomiti friulane e magari anche alpi carniche, come quelli che avete segnalato per questa impresa. Vi ringrazio in anticipo!
    Mandi a dus
    Alessandro

  10. Ciao! Intanto grazie mille per i complimenti e scusa per il clamoroso ritardo nel risponderti.
    In Dolomiti friulane ti consiglio: Dolomiti d’Oltre Piave di Luca Visentini; la monografia edita da Le Alpi Venete chiamata Dolomiti Clautane; l’introvabile Dolomiti di Sinistra Piave di Sergio Fradeloni; Truoi Salvadis di Giorgio Madinelli.

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