Canal Grande del Meduna – Traversata Diga del Ciul –> Pussa

Cattura
Il percorso dalla Diga del Ciul fino in Malga Senons. NB: in blu il tratto in cui la Tabacco 028 è completamente sbagliata!

Relazione e foto di Jacopo Verardo.

01 giugno 2015.

Introduzione

Un sogno e un’avventura. Nel lontano 1985, trent’anni fa, un gruppo di soci del CAI di San Vito al T., tra cui mio padre, fece un’attraversata pazzesca passando dalle sponde del Tagliamento (ad Alesso) fino al Piave (Domegge) (http://digilander.libero.it/caisanvito/attivita/trekpag/trek1985.htm); il tratto cruciale di tutto ciò fu percorrere il Canal Grande del Meduna, all’epoca totalmente abbandonato e privo di qualsiasi segnavia. Dopo tre giorni di ricerche e “battaglie” con la vegetazione ne uscirono vincitori valicando la mitica Forcella del Cuel. Ecco il sogno appunto: riuscire a ripercorrere quel tracciato lunghissimo di cui, fin da piccolo, sento parlare spesso. L’avventura invece è una fame insaziabile che in questo primo “pezzo” di 2015 ci sta spingendo a compiere ottime uscite alpine e che aveva bisogno di una ciliegina sulla torta prima dell’estate. Quale luogo migliore del Canal Grande per far sì che ciò potesse realizzarsi? Questa è probabilmente l’attraversata più lunga e piena d’incognite che si possa fare in Friuli per passare da una valle (Tramontina) ad un’altra (Cellina); un percorso che impegna soprattutto il fisico e la mente, che costringe ad un’attenzione totale dei minimi particolari per trovare la traccia. Dopo l’avventura dei sanvitesi il sentiero venne aperto nella vegetazione e segnato CAI dalla sottosezione Valtramontina a fine anni 80, per poi venire dismesso una quindicina d’anni fa; così i segni rimasti sono sbiaditi e radi, ma ancora visibili.

Devo dire che ho avuto una duplice fortuna: all’ultimo un componente della spedizione che doveva compiere l’attraversata si è defilato e Giorgio, il mentore, mi ha contattato per rimpiazzarlo…non potevo perdere l’occasione! Seconda fortuna è stata appunto quella di percorrerlo con lui, che è probabilmente il più profondo conoscitore di quei luoghi lontanissimi e misteriosi. Così, da rimpiazzo, mi sono aggregato ai componenti della F.I.G.A. (Federazione Italiana Greppisti Anomali): Stief, Fiorone, il Mitch (Dolomiti di destra Tagliamento) e, appunto, Giorgio (La tana dell’orso). Passiamo ai fatti.

Alesso
Alcuni partecipanti della mitica attraversata del 1985.

Racconto

È ben presto la mattina quando partiamo dalla Diga del Ciul (600m) – il digaiolo ha appena finito il turno notturno – e imbocchiamo il sentiero lungo-lago CAI 398, che in mezz’oretta ci conduce alla passerella del Ciul, attraversatala imbocchiamo a destra il vecchio sentiero ex-CAI 393 che costeggia il Canal Grande in sinistra orografica. Da qui fino a Casera Charpin ha già scritto ottimamente Matteo (Casera Charpin dalla diga del Ciul per il “Troi da lis vachis”) nella seconda parte della sua relazione. Devo solo dire che questo è il tratto in cui il Meduna appare in tutta la sua bellezza: enormi bianchi massi calcarei intervallano pozze di color turchese che raramente ho visto da altre parti. Neanche le molte zecche che saltellano sulle nostre gambe infastidiscono l’animo grazie a questo splendido ambiente, che si è costretti ad attraversare più volte. Agevolati dalla poca acqua presente riusciamo a compiere indenni tutti i guadi. Così in 3 ore circa siamo in Casera Charpin 801m, ultimo avamposto umano prima di affrontare la seconda e infinita parte del Canal Grande. La piccola casera di recente fattura è accogliente e ben curata, ma le firme sull’agenda sono ben poche in 6 anni. Saranno le zecche, sarà la distanza dal mondo, ma qui vien poca gente. Dopo una breve pausa riprendiamo seguendo gli sparuti segni CAI e la comunque evidente traccia (che anche fin qui è di facile reperimento), giungendo in 10 min al Clapon dal Limet, un enorme masso erratico che forma un antico antro adibito a bivacco da cacciatori e boscaioli, ora in stato di abbandono. Al suo interno vi sono tavolo, panche, pentole, griglia e qualche resto di utensili. Questo luogo, da solitari, da uomini della foresta, racconta una passato, non così troppo lontano, di una vita dura e faticosa. Chissà quante notti al freddo avranno passato qui generazioni di cacciatori tramontini? Chissà cosa sarà di questo antico ricovero tra 30 anni? Tutto andrà perduto o forse dovremmo tornarci per sopravvivere nuovamente. Sarei rimasto lì a riflettere ancora un po’ se non fosse che il tempo è tiranno e che le zecche là hanno sempre fame. Restando in sinistra orografica, ora in direzione ovest, continuiamo seguendo un’esile traccia che in questo tratto è priva di segni CAI per qualche centinaio di metri, fino a ritrovarne poco prima di giungere al Rug da la Crous, tipico torrente in secca colmo di enormi massi, oltre il quale si deve procedere con cautela: la traccia si fa molto labile e i segni sono radi. Un ometto sulla sponda del Meduna all’altezza di un’ansa suggerisce il bivio per salire in Forcella Pierafezza, mentre noi indugiamo oltre salendo una rampa nella faggeta. Qui i segni tornano utili e ci conducono lungamente fino a guadare il Meduna in un tratto in cui esso si presenta largo e ghiaioso. Qui si deve fare attenzione a guadare prima che il torrente si rinserri in una forra difficilmente valicabile (ometto su enorme masso), e si deve risalire con decisione la ripidissima rampa nella faggeta ora in destra orografica, la quale a tratti presenta ancora i vecchi tornanti della mulattiera. Ora non si può sbagliare: la traccia è evidente e conduce ad un primo prato, dal quale salendo ancora un poco piuttosto sulla sinistra giungiamo ai resti di Casera del Cuel 1360m. Evidenti ancora i muri perimetrali della casera e delle grandi stalle. Qui ci fermiamo per assaporare la paurosa lontananza da qualsiasi cosa umana. Il luogo di per se è bello; nonostante la modesta quota sembra di essere sui prati di una qualche malga dolomitica a 1900m di quota, le pareti delle Fornezze e del Burlaton incombono vertiginose e inviolate sopra di noi, il Cenglon ci guarda dall’alto strizzando l’occhio per una forse futura traversata, ma ciò che più di tutto mi colpisce è la suggestione che dà il fatto di essere così lontani da tutto, improvvisamente sprovvisti di qualsiasi certezza. Siamo così legati alla vita moderna e tecnologica che la natura selvaggia, quella vera, quella che si è lentamente riappropriata di casere, pascoli e sentieri, ci intimorisce, quasi ci fa paura. La lontananza di questi luoghi e la loro ritrovata verginità li rende estremamente affascinanti e misteriosi. Credo che il pascolo di Casera del Cuel sia un posto magico in cui almeno una volta nella vita bisognerebbe passare, per capire quanto bello fosse il mondo prima che iniziassimo a distruggerlo.

Proseguiamo senza segnavia alle spalle dei ruderi rinvenendo la traccia che brevemente ci riporta sul greto del Meduna, nei pressi del grande nevaio perenne che racchiude in se le Sorgenti del Meduna. Qui mangiamo un boccone perché ormai sono oltre 5 ore che camminiamo e ci gustiamo l’ambiente “al sicuro” dalla classica invasione di zecche ad ogni sosta. Dopo di che inizia il tratto con le maggiori incognite: risaliamo un poco la sponda in sinistra orografica e andiamo ad attraversare un primo canalone che scende dalla destra passando su ponti di neve; rimontiamo un’ulteriore costola boscosa completamente fuori traccia fino a rinvenire i tagli sulla vegetazione. In breve ritroviamo la traccia e attraversiamo un altro canale fino a montare su una ripida costola prativa, sempre seguendo come segnavia degli alberelli con la punta tagliata (probabilmente conviene, per giungere qui, attraversare il primo canalone come abbiamo fatto, per poi costeggiare il nevaio sempre in destra orografica e salire direttamente in ultimo la ripida costa prativa). Qui si rinviene a tratti una parvenza di traccia e qualche vecchio segno CAI. Ad ogni modo si risalgono i prati “dritti per dritti”, sempre seguendo i tagli sugli alberelli, fino ad intravvedere il canalone che porta alla Forcella del Cuel 1921m, alla quale giungiamo dopo 7.20 ore. In quest’ultimo tratto nel canalone circa a quota 1700m si ritrovano molti segni CAI e la antica traccia, che inizialmente fa un traverso per poi salire a tornanti fino in forcella. La giornata non è delle migliori e ci troviamo immersi nelle nubi; solo un scorcio su Cima San Francesco ci consola. Siamo soddisfatti! Qui le incognite finiscono, si rientra nel mondo umano e il misterioso Canl Grande si rivela tra l’umidità davanti a noi. Leggeri scivoliamo giù per un ghiaione fino in Cadin di Senons, per poi congiungerci a ciò che resta del mitico sentiero CAI 393: un misero anellino che parte da Casera Senons e vi fa ritorno in breve senza alcun senso logico. Una miseria! Dalla bella Senons scendiamo per strada forestale fino in Pussa dove Ruggero ci attende con delle succose ciliege.

Grazie Canal Grande del Meduna, grazie per essere l’ultimo avamposto di una natura assolutamente selvaggia e severa! E grazie a Giorgio per l’opportunità concessami.

Note conclusive

Un’attraversata d’altri tempi! Assolutamente per esperti del settore, perdersi là dentro sarebbe disastroso. Le difficoltà sono legate all’orientamento…manca la traccia in diversi tratti, così come i vecchi segnavia, in generale radi. Tuttavia fino al Clapon dal Limet si arriva abbastanza facilmente. Il dislivello è di circa 1400m; sono circa 30 km di sviluppo; noi abbiamo impiegato 7.20 ore fino in Forcella del Cuel, quasi 10 in Pussa, comprese le svariate brevi soste. È un percorso assolutamente da non sottovalutare: necessita di allenamento fisico e mentale, e un ottimo orientamento. Spezzare l’attraversata o abbinarla ad un ritorno anulare dormendo in Casera Charpin può essere una buona idea. Seguendo le indicazioni di Madinelli in Alta Valle del Meduna e usando una carta Tabacco 028 di nuova stampa si evitano molti problemi; la vecchia carta Tabacco 028 in cui è ancora presente il sentiero CAI 393 (segnato in rosso per intenderci) è sbagliata nella parte finale del percorso e porta ad incasinarsi non poco.

Bibliografia / Sitografia

Giorgio Madinelli, Alta Valle del Meduna;

La tana dell’orso

Landre dai Salvadis – Casera Charpin dalla diga del Ciul per il “Troi da lis vachis”

Canal G. Meduna-02
La passerella del Ciul.
Canal G. Meduna-04
Il primo tratto del Canal Grande è pittoresco!
Canal G. Meduna-06
Rilassanti pozze azzurre si alternano a tratti più impetuosi.
Canal G. Meduna-12
Lungo la evidente traccia lungo il torrente.
Canal G. Meduna-13
Lo si attraversa molte volte…c’è poca acqua, ma i guadi comunque non sono immediati…
Canal G. Meduna-17
Una forra veramente stupenda!
Canal G. Meduna-18
Con tre dei quattro membri della F.I.G.A. (il quarto è il fotografo).
Canal G. Meduna-24
Breve sosta in Culosit. Le croci di Bepi Canderan alimentano antiche memorie…
Canal G. Meduna-26
Prima di Casera Charpin la valle si apre un poco…a sinistra Lastre di Peschis, a destra il Cimon d’Agar.
Canal G. Meduna-36
La bella Casera Charpin.
Canal G. Meduna-39
Il Clapon dal Limet.
Canal G. Meduna-47
Coloratissimi Laetiporus sulphureus.
Canal G. Meduna-45
Ricordi della Resistenza sparsi in molti meandri sperduti delle nostre montagne.
Canal G. Meduna-49
Le vertiginosi pareti basali delle gemelle Fornezze.
Canal G. Meduna-57
I pascoli e i resti di Casera del Cuel.
Canal G. Meduna-61
Sotto quell’enorme nevaio sono racchiuse le Sorgenti del Meduna.
Canal G. Meduna-65
Ambiente estremamente selvaggio.
Canal G. Meduna-69
Salendo in vista di Forcella del Cuel.
Canal G. Meduna-74
Forcella del Cuel, e a destra la propaggine di Torre Gian.
Canal G. Meduna-76
Cima di San Francesco.
Canal G. Meduna-87
Monte Chiarescons.
Canal G. Meduna-90
Malga Senons.
Canal G. Meduna-91
Il Cadin di Senons…evidente a destra il Corno di Senons.

4 Risposte a “Canal Grande del Meduna – Traversata Diga del Ciul –> Pussa”

  1. bellissimi luoghi.. che vorrei (da cittadino romano) poter visitare presto, magari con la mia famiglia…
    ma…leggo di zecche ovunque… vorrei capire qualcosa in più su questo aspetto..è fattibile una escursione breve in zona gole/fiume con dei bambini o le zecche sono un pericolo concreto?

    ciao !!

  2. Ciao!
    Le zecche in quella zona sono effettivamente un problema, soprattutto perchè ce ne sono in gran quantità. C’è comunque da dire che ormai in tutta la zona alpina e prealpina friulana e veneta le zecche sono ampiamente presenti. Esistono vari modi per limitare la possibilità di prendere zecche (spray, braghe lunghe, indumenti di colore chiaro per vederle meglio…), e in ogni caso essere morsi da una zecca spesso non comporta alcun danno.
    Per apprezzare la gola del Meduna e fare una passeggiata semplice in cui portare anche dei bambini, vi consiglio di partire da Tramonmti di Sopra e seguire la gola lungo il bel sentiero, che porta a Frasseneit (piccolo paese abbandonato) e in caso, di proseguire fino al Lago del Ciul (da dove parte l’attraversata descritta in questo articolo). Il Canal Grande del Meduna richiede ottima preparazione in tutti i sensi e lo sconsiglierei per un’uscita con la famiglia 🙂
    Ciao.
    -Jacopo V.

  3. Grazie jacopo per la risposta. Diciamo che il meduna magari è una escursione che farò da solo.
    la mia domanda ora è: per quanto riguarda il parco delle dolomiti friulane, i sentieri “classici” come quello della val zemola o quelli comunque più gettonati dalle persone/famiglie, sono anche essi a forte presenza di zecche?
    In parole povere.. posso venire, secondo te, con la famiglia e fare una vacanza su sentieri battuti senza ansie da infezione?
    Ho una nutrita lista di posto da vedere…
    Val Zemola, Rifugio Cava Buscada , Maniago,diga del Vajont,Cimolais Campanile di val Montanaia Claut,Parco Faunistico di Pian Pinedo.,Tree Village…..
    e vorrei farlo serenamente, senza la necessità di vestire tutti come se dovessimo andare nella giungla! Cosa ne pensi?

    Grazie e complimenti per il sito!

  4. I luoghi classici del Praco, tra cui quelli che hai citato, sono piuttosto sicuri dal punto di vista del pericolo zecche, anche perchè su molti di questi sentieri vengono effettuate visite organizzate dall’ente Parco, che quindi ne effettua l’adeguata manutenzione (come ad esempio lo sfalcio dell’erba a bordo sentiero/strada). Quindi io credo tu possa portare serenamente la famiglia. Detto questo comunque il rischio di prendere una zecca non può mai essere del tutto prevenuto. In generale nel Parco ci sono zone con maggiore presenza di zecche e zone un po’ più tranquille. Generalmente quelle più “infestate” sono anche quelle più selvagge e recondite, come ad esempio alcuni angoli della Val Settimana e i canali del Meduna. Escluse queste, il resto del Parco ha la normale presenza di zecche che si incontra ormai un po’ in tutte le Alpi Orientali, entro una certa quota.
    Grazie per i complimenti e per la visita 🙂

    -JacpoV

    PS: scusa il ritardo nel risponderti!

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