Assedio invernale alla Meja – Via dei Finanzieri

Salita, foto e relazione di Matteo e Lorenzo. 17,18,19 marzo 2017.

Introduzione

E’ difficile, in alcuni casi, descrivere un’ascesa. Uno vorrebbe cercare di fare una relazione tecnica, ma quando le emozioni prevalgono sui tenicismi diventa più difficile del previsto.
Questo vuole essere il racconto di un’avventura, di un modo di andare in montagna, di due giorni passati a contatto con un ambiente che se vissuto con intensità può regalare sensazioni irripetibili per chiunque sappia ascoltarle.
Basta chiudere gli occhi, allungare una mano e afferrarle.
Come diceva quello, l’emozione dell’avventura tocca il suo apice nel momento in cui la si concepisce… Il resto viene da sè (W.B).

L’immensa cattedrale rocciosa

Descrizione della salita

Partiamo venerdì sera carichi come due muli lasciando la macchina ai margini di Preit. Superato il paesino in Val Maira si scorge un parcheggio sulla sinistra (circa a quota 1500 m) prima del divieto di accesso causa neve. Sono le nove e mezza passate e ci apprestiamo a salire fin dove riusciamo sperando di trovare un buon punto per il nostro “campo base”.
Il progetto è quello di salire tra sabato e domenica due diverse vie a Rocca la Meja, una immensa cattedrale rocciosa calcarea, anche se viste le condizioni invernali non sappiamo benissimo cosa aspettarci…
Giungiamo dopo due ore scarse di cammino (ciaspole già necessarie dopo 200 metri di dislivello) alla Grange Calausa (1920m)  decidendo di fermarci per lasciare la tenda qui, versante Nord. La scelta si rivelerà più che ottimale.
Ci corichiamo e il giorno successivo partiamo dalla tenda attorno alle 9. Il clima ci è totalmente avverso: il freddo è pungente e soffia un vento a raffiche che non migliora la situazione. Il sole è completamente offuscato dal grigiore delle nuvole e l’atmosfera densa di umidità.
Poco importa, partiamo armati di tutto punto alla volta di “Così vicino così lontano”, via di 7 lunghezze con i primi 4 tiri più accessibili e una seconda sezione sul 6b, vediamo che succede; male che vada proviamo la normale e prendiamo confidenza col “terreno”.
Dopo due ore abbondanti circumnavighiamo le costruzioni rocciose della Meja: la sensazione è di attraversare un oceano di neve con queste immense vele calcaree che ne solcano la superficie, puntando dritte al cielo, increspandolo. L’atmosfera nell’insieme è quasi mistica e mette soggezione, sia io che Lorenzo percepiamo
l’immersione in ambiente e ne siamo assorbiti.
Giungiamo all’attacco della via situata pochi metri a destra di un “pollice giallo” dietro una protuberanza rocciosa che inizialmente ne ostruisce la vista. Attachiamo che è ormai mezzogiorno e decidiamo di portare con noi ramponi e picca nel caso volessimo scendere dalla normale.
Lorenzo attacca la via, nonostante il freddo siamo belli carichi: la roccia è un calcare compatto simil Carnia, una placca dove spalmare è la parola d’ordine, per niente facile da leggere ma bella da scalare col giusto assetto mentale!
Al quarto tiro giungiamo a un intaglio/cengia che attraversato porta alla continuazione della via. Decidiamo di calarci alla base vista l’ora (16.30) e il vento, che non accenna a calmarsi: accompagnerà i nostri passi fino al giorno successivo.
Un’ora dopo ciaspole ai piedi riprendiamo il tracciato fino alla tenda, faticando ben più che in salita vista la neve a crosta cedevole e sotto sfondosa. In alcuni punti siamo costretti a manovre da sommozzatori per uscire dalle voragini nevose che creiamo sprofondando nella neve, ma al tramonto cielo e nuvole ci regalano spettacoli meravigliosi grazie ai quali tosto dimentichiamo la fatica.
Verso le otto siamo finalmente in tenda, dopo non poche improperie! Ma la traccia è battuta e la giornata è stata molto proficua! Senza perdere tempo facciamo un po’ di legna: ci aspettano un bel fuoco, salsiccia, vino  e una bella dormita per riprendere le forze.
Alle 8 e mezza di domenica siamo nuovamente pronti a raggiungere la Meja! La giornata è stupenda e partiamo determinati forti dell’esperienza maturata il giorno precedente.
Alle dieci e mezza siamo all’attacco della via dei Finanzieri, situata alla sinistra di un pilastro roccioso di 15 metri staccato dalla parete, qualche centinaio di metri a destra (Est) di “Così vicino così lontano”.
La roccia è ben diversa, più verticale e meno compatta del giorno prima: ci assettiamo, mangiamo qualcosa e Lorenzo parte gasato sul primo tiro. Il sole batte scaldandoci, il cielo è terso, nulla a che vedere col giorno precedente.

L1: Si attacca una facile evidente spaccatura nella parete in direzione di una netta fessura che si sale con passaggi fisici. L’uscita è tecnica su un muro a tacche di difficile lettura. Tiro da non sottovalutare, continuo e mai banale. Piccolo aneddoto: mentre facevo sicura sento uno scalpitare di crescente intensità: due camosci
piombano a velocità folle a un metro da me, evitandomi e scartando sul ghiaione sottostante… Sudori freddi, scampato pericolo, sospiro di sollievo!! (5C-30m).

L2: Lorenzo attacca il muro verticale soprastante, di continuità su tacche e fessurine. La roccia è ottima e  abrasiva, tiro da godersi fino alla sosta sotto un evidente tettino. Dopo il “trauma” del primo tiro ci riprendiamo e saliamo affiatati (6A+, 6a bello e continuo-25m).

L3: Tiro discontinuo con una divertente sezione per uscire dal tettino e facili passaggi su roccia non buona (attenzione a pietre, pietruzze e sassi instabili). Si punta all’evidente torrione al centro del canale dove si sosta, attenzione agli attriti (5C-15m).

L4: Si continua nel canale di destra fino ad una cengetta erbosa. Puntare leggermente a sinistra in direzione di un muretto con spit visibile, attaccarlo piegando leggermente a destra per 15 m. Sosta in cima (5A 45m).

Qui con un saltino “scary” si giunge a una crestina che porta con facili e brevi passi alla cengia erbosa. Alle placche di fronte pieghiamo a sinistra costeggiando le conformazioni rocciose appena davanti.
Sulla prima parete di fronte a noi scorgiamo uno spit della variante. Più a sinistra, su una seconda parete l’attacco di L5 su di una bella placconata calcarea incisa da una fessura. Decidiamo di fermarci alla cengia erbosa per riposare qualche minuto e rifocillarci, godendoci lo spettacolare panorama. Le nuovole sono attorcigliate tra loro formando vortici trasportati dal vento. L’ambiente è severo ma in meravigliosa veste. Appollaiati su questo balconcino stupendo riprendiamo fiato.

L5: Riprendiamo la scalata che si presenta facile ed ovvia su un bel calcare continuo e verticale. Si incontra un passaggio di 6a ben protetto poco prima della sosta  al termine della fessura (6a-35m).

L6: Ultimo tiro. Lorenzo sale verso destra andando ad imboccare un diedrino con uscita su terreno appoggiato con detriti (attenzione a dove si fan passare le corde, dove si mettono mani e piedi). Segue un muretto solcato da una fessura che porta verso destra dove la sosta diventa visibile sul colletto a destra (attenzione agli attriti) (5b 45m).

Arrivati al culmine della parete ci concediamo appena il tempo di scattare le classiche foto di rito! Non c’è molto tempo e il vento non concede clemenza!
Con due calate ci riportiamo alla cengia ed attraversiamo fino a S4 e con un’altra doppia fino a S3. Da qui, con un’ultima e spettacolare calata si giunge alla base della parete.
Che giornata! Che via! Ci concediamo una sosta per sgranocchiare qualcosa e qualche sorso di ottimo liquore di Genziana gentilmente concesso dalla famiglia Vola.
Rigenerante.
Ci aspetta un lungo ritorno, conviene muoversi. Il sole tende al termine del suo ciclo e con sè porta la consapevolezza del ritorno in città; dopo tre giorni di completa immersione in un simile ambiente, nella Natura, la necessità di abbeverarsi fino all’ultimo dello spettacolo che ci circonda ci rende vivi e felici.

Note Finali
La via è spittata “da montagna”. Ben protetta nei passaggi in cui necessario ma comunque distanziata. L’utilizzo di nuts e friends non è fondamentale, a discrezione.
Attenzione agli attriti nei tiri un pò più facili. In questo periodo ciaspole necessarie, ramponi e picca rimasti in tenda.

 

Complimenti a Lorenzo che ha tirato su tutti i tiri senza fare una piega, nonostante l’impegno mentale fosse davvero importante! Un compagno (non solo di cordata) più che degno di essere annoverato tra i Salvadis!

Un commento, per finire, da parte di Lorenzo, fondamentale nella stesura della relazione:
Diciamo anche qualcosa su matte che è stato capace di trasformare un progettino basato sulla fatica in una storia di risate e soddisfazioni. Grazie di aver le palle di non limitarti a fare le cose ma a viverle.

 

Venerdì sera atipici!
Partenza dal campo base!
Rocca la Meja vista da Nord. Puntiamo al colle che si scorge sulla destra
Scorci durate il primo avvicinamento alla parete. Sembra di circumnavigare un immenso veliero roccioso
All’attacco di “Così vicino così lontano”. Calcare pazzesco, compatto e superlavorato.
La verticalità non lascia molto respiro
Le impressionanti placche di “Così vicino così lontano”
“Il disagio”
Si torna alla tenda circondati da un ambiente spettacolare
L’attacco di “Così vicino così lontano” è situato appena a destra di quel “dito” giallo in mezzo alla parete. A sinistra la “protuberanza” rocciosa che ostruiscel’attacco alla vista arrivando da Nord
Rocca la Meja.
Non si finisce mai di sprofondare!
Tramonti selvaggi che tirano su il morale
Sprofondando nella neve ormai marcia!
Fuoco, losa e salsiccia.
Mangià e murì.
La giornata è decisamente più solare la domenica!
Si sale veloce, non c’è tempo da perdere
Panoramica dall’attacco dei finanzieri
Sul primo tiro de “I finanzieri”, fisico e per nulla banale.
Piccolo riposo in cengia, lo spettacolo è impressionante
Facce da sosta
Here we are! Top!
Dall’ultima sosta
La doppia che porta alla cengia
Il monolite appena scalato degli ultimi due tiri
L’attraversamento dalla cengia, riprendendo S4
L’ultima doppia, superba

Una visuale d’insieme
Colori e luci tornando alla tenda, stanchi e appagati. Ci aspetta un lungo ritorno
L’ultimo tramonto alla Meja

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